Definire la cultura è come ingabbiare il vento. Però è proprio questo vento che può gonfiare le vele della vita e permetterle di scegliere una rotta e una meta, liberandola dalle costrizioni, dai limiti, dai destini segnati.
E' questo lo spirito che, fin dal primo rigo, anima Un millimetro in là, l'intervista sulla cultura, pubblicata da Laterza, che Giorgio Zanchini realizza con Marino Sinibaldi, ideatore di Fahrenheit, la trasmissione radiofonica che più di tutte in Italia ha "fatto" cultura e reso la cultura protagonista.
E' una bellissima intervista, densa di riflessioni che accompagnano a lungo, pensate solo al tema della differenza - che genera movimento e pensiero - ma anche della diseguaglianza che invece indebolisce le motivazioni. Un'intervista che racconta molto anche di Sinibaldi, uomo che con i libri ha uno straordinario debito di gratitudine ("Nella mia vita quasi tutto è passato attraverso i libri, a loro devo in buona parte l'uscita da una situazione di marginalità sociale e culturale").
Ma soprattutto un'intervista che fa bene, perché scuote da ogni rassegnazione, aiuta a confidare ancora in un paese che sulla cultura può ancora scommettere. Un'intervista declinata sulla possibilità e sul futuro. Perché è giusto scommettere ancora su un pensiero che sia il più "lungo" e il più "largo" possibile: lungo nel tempo, verso i giorni che verranno, e largo nello spazio, capace di abbracciare tutte le differenze.
E' questo lo spirito che, fin dal primo rigo, anima Un millimetro in là, l'intervista sulla cultura, pubblicata da Laterza, che Giorgio Zanchini realizza con Marino Sinibaldi, ideatore di Fahrenheit, la trasmissione radiofonica che più di tutte in Italia ha "fatto" cultura e reso la cultura protagonista.
E' una bellissima intervista, densa di riflessioni che accompagnano a lungo, pensate solo al tema della differenza - che genera movimento e pensiero - ma anche della diseguaglianza che invece indebolisce le motivazioni. Un'intervista che racconta molto anche di Sinibaldi, uomo che con i libri ha uno straordinario debito di gratitudine ("Nella mia vita quasi tutto è passato attraverso i libri, a loro devo in buona parte l'uscita da una situazione di marginalità sociale e culturale").
Ma soprattutto un'intervista che fa bene, perché scuote da ogni rassegnazione, aiuta a confidare ancora in un paese che sulla cultura può ancora scommettere. Un'intervista declinata sulla possibilità e sul futuro. Perché è giusto scommettere ancora su un pensiero che sia il più "lungo" e il più "largo" possibile: lungo nel tempo, verso i giorni che verranno, e largo nello spazio, capace di abbracciare tutte le differenze.
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