Dicono che il terzo giorno sia il peggiore, per i viaggi su due ruote. Dicono e in realtà talvolta l'ho sperimentato. Il primo giorno anche i muscoli meno allenati raccolgono la sfida dell'entusiasmo e giocano sulla freschezza; il secondo non va affatto bene, ma uno lo sa, lo mette in conto, e sulle sue aspettative calibra la tappa e misura il rendimento; ma il terzo, perché il terzo proprio non si va, perché il nostro corpo è così molle e sfiatato?
Ho tirato avanti così, con il miraggio di un comodo treno che per il popolo della bicicletta è l'equivalente del carro attrezzi per l'autista in panne. Macerandomi sui chilometri che non passano mai, sulla strada davanti che è sempre la stessa. Con contorno di deprimenti considerazioni sulla vischiosità dello spazio. E per pietanza qualche crudele disanima filosofica.
Al liceo, mi ricordo, scoprii Zenone, una di quelle teste che ai tempi la Grecia produceva in quantità industriale.
Ricordate? Zenone e i suoi paradossi. La storia di Achille e la tartaruga che si sfidano alla corsa. Il piè veloce che accorda un vantaggio al suo risibile avversario, serenamente convinto che se la mangerà in un sol boccone. Solo che ogni volta che Achille raggiunge una posizione in precedenza occupata dalla tartaruga, quest'ultima è già avanzata, di poco ma è avanzata. E lo stesso quando arriva in quella nuova posizione. Il vantaggio diminuisce, tende verso l'infinitamente piccolo, però la tartaruga rimane sempre avanti.
Dubito che la gazzella che il leone è sul punto di sbranare trovi motivo di conforto nella filosofia e in particolare in Zenone. Nemmeno io ne trarrei giovamento, nei panni dell'inseguito. Però il paradosso può acquistare una sua stupefacente parvenza di verità.
L'ho sperimentato sulla mia pelle, il maledetto terzo giorno. Di volta in volta ho imprecato contro l'acido lattico, ho rimpianto la mia allergia agli allenamenti, ho studiato percorsi alternativi e soprattutto mezzi alternativi, hai visto mai che nei dintorni non ci sia una stazioncina.
Ho tirato avanti così, con il miraggio di un comodo treno che per il popolo della bicicletta è l'equivalente del carro attrezzi per l'autista in panne. Macerandomi sui chilometri che non passano mai, sulla strada davanti che è sempre la stessa. Con contorno di deprimenti considerazioni sulla vischiosità dello spazio. E per pietanza qualche crudele disanima filosofica.
Al liceo, mi ricordo, scoprii Zenone, una di quelle teste che ai tempi la Grecia produceva in quantità industriale.
Ricordate? Zenone e i suoi paradossi. La storia di Achille e la tartaruga che si sfidano alla corsa. Il piè veloce che accorda un vantaggio al suo risibile avversario, serenamente convinto che se la mangerà in un sol boccone. Solo che ogni volta che Achille raggiunge una posizione in precedenza occupata dalla tartaruga, quest'ultima è già avanzata, di poco ma è avanzata. E lo stesso quando arriva in quella nuova posizione. Il vantaggio diminuisce, tende verso l'infinitamente piccolo, però la tartaruga rimane sempre avanti.
Dubito che la gazzella che il leone è sul punto di sbranare trovi motivo di conforto nella filosofia e in particolare in Zenone. Nemmeno io ne trarrei giovamento, nei panni dell'inseguito. Però il paradosso può acquistare una sua stupefacente parvenza di verità.
Avete presente quando i traguardi non si avvicinano mai? Quando semmai danno l'idea di allontanarsi?
(da Paolo Ciampi, Le nuvole del Baltico, Mauro Paglia editore)
(da Paolo Ciampi, Le nuvole del Baltico, Mauro Paglia editore)
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