Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono, afferma il grande Josè Saramago e lo dice proprio al momento dei saluti, dopo un viaggio lungo 500 pagine, come a dire: non è finita.
Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre. Il viaggiatore ritorna subito.
Dice anche questo, subito dopo. Anzi, sono proprio queste le ultime parole del suo Viaggio in Portogallo.
Ci ha preso per mano, Josè Saramago, e non ci ha più mollato. Ci ha spinto a varcare la frontiera con la Spagna, in un posto che difficilmente troveremmo sulla carta. Poi ci ha fatto posto in macchina, per vagabondare tra paesi di contadini chiese dimenticate, piazzette abbellite dagli azulejos. Non si è stancato di mostrarci un paese allo stesso tempo sospeso nel tempo e segnato dal tempo, che profuma di montagna e di oceano.
Ci ha quasi stancato, Josè Saramago: non è che l'ha tirata troppo per le lunghe? E com'è che ci racconta tutto in terza persona - attribuendo tutto a un viaggiatore senza nome ma che è ovvio che è lui stesso?
Sarà davvero che è il viaggiatore e non il viaggio che finisce. Sarà che finisce perché il viaggiatore non è mai lo stesso. Cambia con il viaggio. Con lo sguardo che ogni volta è diverso. Con il paese che non è mai lo stesso, anche se per qualche scherzo del destino, porta lo stesso nome.
Questo Portogallo che sarà un altro Portogallo. Prima o poi anche il mio Portogallo.
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