Ci sono città che sembrano vivere nella carta prima ancora che nelle pietre di cui sono fatte. Città immaginarie, ma a differenza di quelle di Italo Calvino reali, così reali da poter essere rintracciate in una carta, spiegate in una guida, percorse con i nostri piedi e affrontate con tutti i nostri sensi. Immaginarie e reali, ma soprattutto raccontate, plasmate, reinventate dalla letteratura.
Come Buenos Aires, per cui non riesco a prescindere da Jorge Luis Borges. E che grazie a Borges sento di aver visitato, anche se in realtà non ci ho messo mai piede.
A Lisbona invece ci sono stato e volentieri ci ritornerei. Intanto è come se ci fossi stato un'altra volta, grazie a un libro che consiglio caldamente: A Lisbona con Antonio Tabucchi di Lorenzo Pini (Giulio Perrone editore). Sottotitolo secco e non casuale: Una guida. Attenzione, non una guida letteraria. Perché Lisbona, che è un'altra delle grandi città della letteratura, qui è raccontata nella sua verità.
Ed è davvero Lisbona, anche se la inseguiamo attraverso il filo delle vicende di Sostiene Pereira. Oppure nell'allucinazione di Requiem, che allucinazione è, ma anche vagabondaggio per una città che non è da meno della Dublino di Joyce o della Praga di Kafka.
E' davvero Lisbona, perfino quando seguiamo l'ombra del grande Fernando Pessoa e di tutti in suoi eteronomi - in un gioco di specchi e rimandi tra l'uno e i molti che siamo - Quel Fernando Pessoa che Antonio Tabucchi non ha solo amato e tradotto, perché siamo molto oltre sulla via della complicità e della immedesimazione....
Lisbona attraverso Tabucchi, in un libro che è tutt'altro che un gioco letterario o uno sfoggio di erudizione. Ci sono nomi, luoghi, circostanze.... Ma c'è soprattutto Lisbona, bellissima, e ancora più bella attraverso la forza della parola scritta.
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