Quasi tremila chilometri dalla sorgente alla foce, attraverso dieci paesi e molteplici lingue, culture, storie. Sedici tappe più che robuste, molti incontri, suggestioni ed emozioni a non finire, perché si sa, pedalare fa bene al cervello, ci spinge addirittura più lontano di quanto consentano le ruote. Per poi raccontare tutto questo in un libriccino di novanta pagine, solo novanta pagine, dense ed essenziali, tanto che come non leverei una parola, difficilmente ne aggiungerei una.
Eccolo Il mio Danubio di Guillaume Prébois, giornalista ciclista che Ediciclo ci propone, con prefazione di Paolo Rumiz. L'ho letto per Pasqua, nelle pause di un'escursione in bici lungo il Sentiero della Bonifica, nel cuore della mia Toscana. E leggendolo mi sono lasciato trasportare nel cuore dell'Europa, ho rivissuto qualcosa dei tratti di Danubio che già sono riuscito a percorrere e ho fantasticato su altri viaggi nei Balcani e fino al Mar Nero. Ho riassaporato vecchie letture di Claudio Magris e di altri scrittori del grande fiume e attraverso di loro ho fantasticato su altri fiumi da accompagnare dalla sorgente alla foce - e perché no, per una volta anche dalla foce alla sorgente.
Poesia dello sforzo fisico che è un patto con noi stessi e con le terre che attraversiamo. Bicicletta che diventa assai di più di un mezzo di trasporto e si fa strumento di conoscenza, addirittura di indagine di ciò che ci circonda. E per il resto scrittura meravigliosamente limpida, capacità di cogliere nel viaggio ciò che davvero conta.
Lungo il fiume che è stato confine e via d'acqua. Da Ovest a Est, in direzione contraria rispetto alle invasioni, alle ondate dei popoli nomadi, alle orde che sono paura ancestrale. Per ritrovare, riscoprire, rinsaldare. Perché questo è il viaggio, questo è ciò che ci si riporta a casa quando il fiume si getta nel suo mare.
Eccolo Il mio Danubio di Guillaume Prébois, giornalista ciclista che Ediciclo ci propone, con prefazione di Paolo Rumiz. L'ho letto per Pasqua, nelle pause di un'escursione in bici lungo il Sentiero della Bonifica, nel cuore della mia Toscana. E leggendolo mi sono lasciato trasportare nel cuore dell'Europa, ho rivissuto qualcosa dei tratti di Danubio che già sono riuscito a percorrere e ho fantasticato su altri viaggi nei Balcani e fino al Mar Nero. Ho riassaporato vecchie letture di Claudio Magris e di altri scrittori del grande fiume e attraverso di loro ho fantasticato su altri fiumi da accompagnare dalla sorgente alla foce - e perché no, per una volta anche dalla foce alla sorgente.
Poesia dello sforzo fisico che è un patto con noi stessi e con le terre che attraversiamo. Bicicletta che diventa assai di più di un mezzo di trasporto e si fa strumento di conoscenza, addirittura di indagine di ciò che ci circonda. E per il resto scrittura meravigliosamente limpida, capacità di cogliere nel viaggio ciò che davvero conta.
Lungo il fiume che è stato confine e via d'acqua. Da Ovest a Est, in direzione contraria rispetto alle invasioni, alle ondate dei popoli nomadi, alle orde che sono paura ancestrale. Per ritrovare, riscoprire, rinsaldare. Perché questo è il viaggio, questo è ciò che ci si riporta a casa quando il fiume si getta nel suo mare.
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