No, non credo che Gesù sia risorto. Non credo che un uomo sia tornato dal mondo dei morti. Ma il fatto che lo si possa credere, e che io stesso l'abbia creduto, mi intriga, mi affascina, mi turba, mi sconvolge - non so quale sia il verbo più adatto. Scrivo questo libro per non pensare, ora che non ci credo più, di saperne più di quelli che ci credono e di me stesso quando ci credevo. Scrivo questo libro per cercare di non essere troppo d'accordo con me stesso.
Mi sa che bastano queste parole per farsi catturare da questo libro così ricco, complesso, provocante. Così diverso da altri del grande Emmanuele Carrère - ce ne corre tra Limonov e i primi evangelisti - eppure così coerente col percorso di uno scrittore che si misura con la verità dei fatti, che non inventa perché la realtà richiede più immaginazione di ogni immaginazione, che racconta storie lontane raccontando in fondo sempre anche di se stesso.
Ecco qui, Il regno (Adelphi), l'opera con cui Carrère si spinge a indagare sul Cristianesimo degli albori, sui primi cristiani sospesi tra il miracolo del Messia e le persecuzioni de
i romani, modesta setta ebraica che presto avrebbe cambiato il mondo. Però non è il saggio di un teologo o di uno studioso delle religioni. Piuttosto è l'opera di un uomo che credeva e ora non crede più, ma che non ha smesso di stupirsi e interrogarsi. E in questo cammino ecco l'incontro con personaggi vivi, ecco storie dentro la storia, ecco domande che scavano nel profondo, inquietudini che si dissipano come nebbia al mattino. E dubbi, tormenti, tentazioni, sconvolgimenti.
Quante cose che ci sono qui dentro: narrazione ed erudizione, inchiesta e sense of humour. I misteri della fede, le grandi questioni dell'esistenza, ma anche la vita di Carrère, filo che si srotola nel farsi dell'opera: così che insieme a Paolo l'apostolo, a Luca l'evangelista, a Filippo di Cesarea e Flavio Giuseppe, non ci crederete, ma sbucano anche le vicende di una bay-sitter squinternata, le fantasie inquiete di Philip K. Dick, perfino un video porno che gira sulla Rete.
Questo e tant'altro. Un gran libro, per abbandonarsi all'uomo che non intende essere troppo d'accordo con se stesso. Mica poco, davvero.
Mi sa che bastano queste parole per farsi catturare da questo libro così ricco, complesso, provocante. Così diverso da altri del grande Emmanuele Carrère - ce ne corre tra Limonov e i primi evangelisti - eppure così coerente col percorso di uno scrittore che si misura con la verità dei fatti, che non inventa perché la realtà richiede più immaginazione di ogni immaginazione, che racconta storie lontane raccontando in fondo sempre anche di se stesso.
Ecco qui, Il regno (Adelphi), l'opera con cui Carrère si spinge a indagare sul Cristianesimo degli albori, sui primi cristiani sospesi tra il miracolo del Messia e le persecuzioni de
i romani, modesta setta ebraica che presto avrebbe cambiato il mondo. Però non è il saggio di un teologo o di uno studioso delle religioni. Piuttosto è l'opera di un uomo che credeva e ora non crede più, ma che non ha smesso di stupirsi e interrogarsi. E in questo cammino ecco l'incontro con personaggi vivi, ecco storie dentro la storia, ecco domande che scavano nel profondo, inquietudini che si dissipano come nebbia al mattino. E dubbi, tormenti, tentazioni, sconvolgimenti.
Quante cose che ci sono qui dentro: narrazione ed erudizione, inchiesta e sense of humour. I misteri della fede, le grandi questioni dell'esistenza, ma anche la vita di Carrère, filo che si srotola nel farsi dell'opera: così che insieme a Paolo l'apostolo, a Luca l'evangelista, a Filippo di Cesarea e Flavio Giuseppe, non ci crederete, ma sbucano anche le vicende di una bay-sitter squinternata, le fantasie inquiete di Philip K. Dick, perfino un video porno che gira sulla Rete.
Questo e tant'altro. Un gran libro, per abbandonarsi all'uomo che non intende essere troppo d'accordo con se stesso. Mica poco, davvero.
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