Mi ero ammalato di letteratura.
Così ammette, ma solo dopo duecento pagine di narrazione in prima persona, Vince Corso, lettore accanito e professore precario che si inventa la professione di biblioterapeuta, con esiti incerti.
Io ci avrei scommesso fin dall'inizio, su questa malattia, anche senza riuscire a mettere in fila i sintomi: Si comincia analizzando ogni circostanza come se fosse la trama di un romanzo: se ne indagano i significati taciuti, i rimandi interni, le eventuali incongruenze, poi si prende a ballare con l'improbabilità.... Ci avrei scommesso, perché solo a uno come Vince Corso, uomo malato perché ha letto troppo, poteva venire in mente di curare gli altri con i libri.
E' lui il protagonista de La lettrice scomparsa, l'ultimo libro di Fabio Stassi (Sellerio), romanzo che è molte cose, persino un giallo, ma che soprattutto ha la forza di riproporre la questione mai risolta del rapporto tra vita e letteratura.
Su tutto questo gioca, Stassi, anche quando il gioco si fa maledettamente serio. Anche quando saltando di questione in questione si inizia a provare una certa vertigine.
La parola scritta può davvero dare un senso alla vita? E quanto vale la pretesa di dare un ordine?
A creare l'universo non può che essere stato uno scrittore fallito, afferma a un certo punto il protagonista del libro. Vai a sapere come è andata davvero e se anche queste non sono altre parole con cui proviamo a darci una giustificazione.
Meglio abbandonarsi a questa storia, dove le terapie e persino gli indizi che la lettrice scomparsa ha lasciato dietro di sé sono titoli, letture amate, suggestioni di frasi e pagine. Tanto si capisce che pure l'autore, Stassi, è uno che si ammalato della stessa malattia - incurabile - di Vince Corso (e sarà un caso che per Sellerio abbia seguito l'edizione italiana di uno splendido libro per malati di libri come Curarsi con i libri?). Tanto si capisce che pure noi, che questo libro lo abbiamo preso e letto, vaccinati proprio non siamo.
Così ammette, ma solo dopo duecento pagine di narrazione in prima persona, Vince Corso, lettore accanito e professore precario che si inventa la professione di biblioterapeuta, con esiti incerti.
Io ci avrei scommesso fin dall'inizio, su questa malattia, anche senza riuscire a mettere in fila i sintomi: Si comincia analizzando ogni circostanza come se fosse la trama di un romanzo: se ne indagano i significati taciuti, i rimandi interni, le eventuali incongruenze, poi si prende a ballare con l'improbabilità.... Ci avrei scommesso, perché solo a uno come Vince Corso, uomo malato perché ha letto troppo, poteva venire in mente di curare gli altri con i libri.
E' lui il protagonista de La lettrice scomparsa, l'ultimo libro di Fabio Stassi (Sellerio), romanzo che è molte cose, persino un giallo, ma che soprattutto ha la forza di riproporre la questione mai risolta del rapporto tra vita e letteratura.
Su tutto questo gioca, Stassi, anche quando il gioco si fa maledettamente serio. Anche quando saltando di questione in questione si inizia a provare una certa vertigine.
La parola scritta può davvero dare un senso alla vita? E quanto vale la pretesa di dare un ordine?
A creare l'universo non può che essere stato uno scrittore fallito, afferma a un certo punto il protagonista del libro. Vai a sapere come è andata davvero e se anche queste non sono altre parole con cui proviamo a darci una giustificazione.
Meglio abbandonarsi a questa storia, dove le terapie e persino gli indizi che la lettrice scomparsa ha lasciato dietro di sé sono titoli, letture amate, suggestioni di frasi e pagine. Tanto si capisce che pure l'autore, Stassi, è uno che si ammalato della stessa malattia - incurabile - di Vince Corso (e sarà un caso che per Sellerio abbia seguito l'edizione italiana di uno splendido libro per malati di libri come Curarsi con i libri?). Tanto si capisce che pure noi, che questo libro lo abbiamo preso e letto, vaccinati proprio non siamo.
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