Ma chi è la persona che possiede Le Beau Chateau, che è la villa più costosa di tutto il Connecticut, insieme a quell'altra residenza a Santa Barbara, a picco sul Pacifico, più diversi appartamenti sulla Quinta Strada di New York, l'indirizzo più esclusivo nella città più cara d'America? Come mai in quelle case dove non mancano quadri di Renoir appesi al salotto, autentici Stradivari e inestimabili collezioni di bambole antiche pare che non ci sia traccia di vita? E chi può permettersi di possederle senza abitarle e tanto meno affittarle?
Sembrano interrogativi degni di un ispettore delle tasse o di un esperto di mercato immobiliare, invece alimentano uno dei libri più curiosi e intriganti che mi siano capitati negli ultimi tempi. Dimore vuote di Bill Dedman e Paul Clark Newell (Neri Pozza) sa essere insieme inchiesta, romanzo, spaccato sociale, storia di vita raccolta pezzo a pezzo, come le tessere di un mosaico.
E come tutte le vicende che meglio si prestano a essere raccontate tutto comincia per caso, se non addirittura per sbaglio. Ovvero quando uno degli autori - Bill Dedman - si mette a cercare casa e si lascia tentare da annunci di abitazioni che non si sarebbe mai potuto permettere (esercizio di ambizione tipicamente americano). E' questo il modo con cui arriva a Le Beau Chateau, rimane a bocca aperta e fiuta la storia: quella magnifica proprietà è disabitata da più di mezzo secolo.
Emerge un nome: Huguette Clark, ereditiera dalla leggendaria ricchezza. Ma emerge anche la storia di un'assenza. La storia di una donna che al mondo poteva permettersi tutto e che dal mondo invece si è chiamata fuori. Che poteva frequentare la società più esclusiva e invece ha deciso di sparire, fino a trascorrere l'ultimo ventennio della sua lunga vita - lei che è morta a quasi 105 anni - in ospedale. Per scelta, non per ragioni di salute.
Potrebbe essere l'americano più famoso di cui gli americani nostri contemporanei non hanno mai sentito parlare, dicono gli autori. E c'è davvero una storia da raccontare, poco importa che anche mettendo insieme titoli di proprietà e album fotografici sui misteri del cuore non si potrà mai davvero fare piena luce: sono le domande che contano, le domande e la sensazione di essere un po' più vicini alla risposta.
Sembrano interrogativi degni di un ispettore delle tasse o di un esperto di mercato immobiliare, invece alimentano uno dei libri più curiosi e intriganti che mi siano capitati negli ultimi tempi. Dimore vuote di Bill Dedman e Paul Clark Newell (Neri Pozza) sa essere insieme inchiesta, romanzo, spaccato sociale, storia di vita raccolta pezzo a pezzo, come le tessere di un mosaico.
E come tutte le vicende che meglio si prestano a essere raccontate tutto comincia per caso, se non addirittura per sbaglio. Ovvero quando uno degli autori - Bill Dedman - si mette a cercare casa e si lascia tentare da annunci di abitazioni che non si sarebbe mai potuto permettere (esercizio di ambizione tipicamente americano). E' questo il modo con cui arriva a Le Beau Chateau, rimane a bocca aperta e fiuta la storia: quella magnifica proprietà è disabitata da più di mezzo secolo.
Emerge un nome: Huguette Clark, ereditiera dalla leggendaria ricchezza. Ma emerge anche la storia di un'assenza. La storia di una donna che al mondo poteva permettersi tutto e che dal mondo invece si è chiamata fuori. Che poteva frequentare la società più esclusiva e invece ha deciso di sparire, fino a trascorrere l'ultimo ventennio della sua lunga vita - lei che è morta a quasi 105 anni - in ospedale. Per scelta, non per ragioni di salute.
Potrebbe essere l'americano più famoso di cui gli americani nostri contemporanei non hanno mai sentito parlare, dicono gli autori. E c'è davvero una storia da raccontare, poco importa che anche mettendo insieme titoli di proprietà e album fotografici sui misteri del cuore non si potrà mai davvero fare piena luce: sono le domande che contano, le domande e la sensazione di essere un po' più vicini alla risposta.
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