Adelmo Farandola - che sarà Adelmo Farandola per tutto il libro, nome e cognome - vive come un eremita in un vallone sperduto delle Alpi. Non si sa bene quale vita abbia avuto prima e nemmeno lui lo deve avere chiaro, perché con gli anni ha perso la memoria. Un tempo faceva il pastore, ma per qualche ragione ora non possiede più bestie, sopravvive con la caccia di frodo. In paese scende solo di tanto in tanto, per acquistare qualche provvista e vi si aggira con la circospezione dell'animale. Rintanato nella sua baita caccia a sassate chi si avvicina e ha smesso persino di lavarsi. Il suo tempo è vasto e vuoto, scandito dall'alternarsi delle stagioni.
Ecco, questa è la vita di Adelmo Farandola, protagonista del sorprendente romanzo breve - o racconto lungo - Neve, cane, piede di Claudio Morandini. Un libro di cui si è discusso in queste settimane come di un autentico caso editoriale. Oppure come di un caso editoriale quale potrebbe diventare, se la qualità conterà per le classifiche più delle strategie dei grandi gruppi editoriali, se il passaparola funzionerà e andrà lontano.
Nel frattempo sono contento per un autore che merita molto, voce particolare nel panorama della letteratura italiana, voce che sa di aria di montagna, di neve, di suoni nel silenzio delle vette. E sono contento per Exòrma, casa editrice che mi pare ultimamente non abbia sbagliato un colpo.
Nelle ultime pagine Morandini esce dalla finzione letteraria per spiegarci come è nato questo libro. Un giorno, camminando per una valle alpina, ha incrociato sul sentiero un vecchio scontroso, con un sasso in una mano e una pigna nell'altra, un cane spelacchiato al fianco. Gli ha rovesciato addosso uno sguardo di pietra, come per proteggere la sua tana. Tornato in paese, Morandini ha provato a chiedere al bar: chi era quell'uomo?
Sorpresa, altre domande, pochi e vaghi indizi. Ma ecco, Adelmo Farandola ha cominciato a vivere quel giorno. Personaggio di una finzione che tanto finzione non è.
Le storie vere - scrive Morandini - hanno questo incolmabile vantaggio sulla finzione: si sfilacciano, si impantanano, possono perdere di ritmo e di nerbo, finiscono sempre dove nessun corso di scrittura farebbe mai finire una storia d'invenzione.
Mentre ripongo il libro, mi interrogo su di lui e su tutti gli uomini che si sono ritirati, anzi trincerati, in una vita di silenzio e solitudine. Impenetrabili, taciturni, ostinati.
Adelmo Farandola, che col tempo ha preso a parlare con un cane e anche con gli oggetti. Quale mistero c'è nella sua vita? E cosa gli succederà col prossimo inverno?
Ecco, questa è la vita di Adelmo Farandola, protagonista del sorprendente romanzo breve - o racconto lungo - Neve, cane, piede di Claudio Morandini. Un libro di cui si è discusso in queste settimane come di un autentico caso editoriale. Oppure come di un caso editoriale quale potrebbe diventare, se la qualità conterà per le classifiche più delle strategie dei grandi gruppi editoriali, se il passaparola funzionerà e andrà lontano.
Nel frattempo sono contento per un autore che merita molto, voce particolare nel panorama della letteratura italiana, voce che sa di aria di montagna, di neve, di suoni nel silenzio delle vette. E sono contento per Exòrma, casa editrice che mi pare ultimamente non abbia sbagliato un colpo.
Nelle ultime pagine Morandini esce dalla finzione letteraria per spiegarci come è nato questo libro. Un giorno, camminando per una valle alpina, ha incrociato sul sentiero un vecchio scontroso, con un sasso in una mano e una pigna nell'altra, un cane spelacchiato al fianco. Gli ha rovesciato addosso uno sguardo di pietra, come per proteggere la sua tana. Tornato in paese, Morandini ha provato a chiedere al bar: chi era quell'uomo?
Sorpresa, altre domande, pochi e vaghi indizi. Ma ecco, Adelmo Farandola ha cominciato a vivere quel giorno. Personaggio di una finzione che tanto finzione non è.
Le storie vere - scrive Morandini - hanno questo incolmabile vantaggio sulla finzione: si sfilacciano, si impantanano, possono perdere di ritmo e di nerbo, finiscono sempre dove nessun corso di scrittura farebbe mai finire una storia d'invenzione.
Mentre ripongo il libro, mi interrogo su di lui e su tutti gli uomini che si sono ritirati, anzi trincerati, in una vita di silenzio e solitudine. Impenetrabili, taciturni, ostinati.
Adelmo Farandola, che col tempo ha preso a parlare con un cane e anche con gli oggetti. Quale mistero c'è nella sua vita? E cosa gli succederà col prossimo inverno?
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