Che rogna questi arditi di città. Massì, in fondo se la cercano loro la bella morte, non si può dire che ce li ho mandati io.
Prima provarono a rivoluzionare l'arte - e con l'arte la loro vita - poi si convinsero che perfino con la guerra si poteva cambiare il mondo - e con il mondo la loro vita. Fu una crudele illusione, destinata a finire molto male. Però perdonateli, perché erano ingenui, idealisti, sinceri. Perdonateli, perché non ci misero ben più della faccia, non furono quelli dell'armiamoci e partite.
Gianni Biondillo ripercorre la parabola di uno dei loro, non tra i più noti: Antonio Sant'Elia, giovane architetto di straordinario talento, morto sul Carso nel 1916. Ma in uno splendido romanzo che nel titolo sa di Ungaretti - Come sugli alberi le foglie (Guanda) - c'è tutta la storia di una generazione: quella masnada di artisti, irredentisti e arditi che partì per il fronte, magari arruolandosi nell'improbabile Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti Automobilisti - e nome più squisitamente futurista non ci poteva essere.
Già, il futurismo: con le sue intuizioni e le sue provocazioni nate magari nelle aule dell'Accademia di Brera per poi animare le intemperanze di serate da scandalo. Filippo Tommaso Marinetti, ma anche tanti altri pronti a giocarsi molto, incendiando il passato e spingendo il presente a tutta velocità. Avanguardia, avanguardia: in marcia verso un altro tempo, che persino la guerra poteva accelerare.
La storia ci racconta come finì la corsa, per dirla alla Guccini. Dalla guerra igiene del mondo allo sporco delle trincee. L'immane massacro che concesse ben poco alla bella morte. E quante possibilità venute meno, quanti ingegni, quanti capolavori che ci sono mancati.
Di Antonio Sant'Elia ci restano solo una manciata di disegni, così belli che verrebbe da immaginarsi un futuro alternativo, se solo.... Una manciata di disegni e questo grande libro di Biondillo, canto dolente sulla bellezza e sull'inutilità.
Prima provarono a rivoluzionare l'arte - e con l'arte la loro vita - poi si convinsero che perfino con la guerra si poteva cambiare il mondo - e con il mondo la loro vita. Fu una crudele illusione, destinata a finire molto male. Però perdonateli, perché erano ingenui, idealisti, sinceri. Perdonateli, perché non ci misero ben più della faccia, non furono quelli dell'armiamoci e partite.
Gianni Biondillo ripercorre la parabola di uno dei loro, non tra i più noti: Antonio Sant'Elia, giovane architetto di straordinario talento, morto sul Carso nel 1916. Ma in uno splendido romanzo che nel titolo sa di Ungaretti - Come sugli alberi le foglie (Guanda) - c'è tutta la storia di una generazione: quella masnada di artisti, irredentisti e arditi che partì per il fronte, magari arruolandosi nell'improbabile Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti Automobilisti - e nome più squisitamente futurista non ci poteva essere.
Già, il futurismo: con le sue intuizioni e le sue provocazioni nate magari nelle aule dell'Accademia di Brera per poi animare le intemperanze di serate da scandalo. Filippo Tommaso Marinetti, ma anche tanti altri pronti a giocarsi molto, incendiando il passato e spingendo il presente a tutta velocità. Avanguardia, avanguardia: in marcia verso un altro tempo, che persino la guerra poteva accelerare.
La storia ci racconta come finì la corsa, per dirla alla Guccini. Dalla guerra igiene del mondo allo sporco delle trincee. L'immane massacro che concesse ben poco alla bella morte. E quante possibilità venute meno, quanti ingegni, quanti capolavori che ci sono mancati.
Di Antonio Sant'Elia ci restano solo una manciata di disegni, così belli che verrebbe da immaginarsi un futuro alternativo, se solo.... Una manciata di disegni e questo grande libro di Biondillo, canto dolente sulla bellezza e sull'inutilità.
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