E meno male che era considerato solo il grande storico del Mediterraneo del Cinquecento e del Seicento, di altre epoche non si sa. Meno male che lui stesso aveva dubitato di quello che stava facendo, tanto che il manoscritto, dopo alcune vicissitudini editoriali, non era stato pubblicato, anzi, era rimasto in un cassetto per i dieci anni successivi alla sua morte. Cosa avremmo perso se alla fine non avesse trovato la strada della pubblicazione.
Memorie del Mediterraneo di Fernand Braudel (Bompiani) è assai più di un ottimo saggio storico. Non è l'opera di uno specialista per specialisti. Si raccomanda per la lettura a tutti coloro che sentono il richiamo di un mare che - come indica lo stesso nome - è spazio tra terre diverse dove tante civiltà hanno conosciuto prosperità e declino.
Lettura buona per chi ama capire cosa rimane oltre i singoli eventi e per chi sa che c'è una storia oltre l'odore della salsedine, la rosa dei venti, le merci accatastate sui moli e i sapori delle cucine: di più, che proprio queste cose fanno la storia.
E la storia che Braudel racconta abbraccia con un poderoso colpo d'occhio i secoli e i millenni. Parte dall'inizio, dal mare che non è ancora mare, per raccontare poi i tanti popoli che questo mare lo hanno solcato, dai cretesi ai fenici, dagli etruschi ai greci e ai romani.
E quante sorprese in queste pagine, quanti punti fermi che lo storico fissa a uso e consumo del nostro presente.
Per esempio, sullo spazio e sul tempo, perché il Mediterraneo, spiega Braudel, non si è mai rinchiuso nella propria storia, ma ne ha rapidamente superato i confini: a ovest verso l'oceano Atlantico; a est attraverso il Vicino Oriente... Oltrepassato l'ultimo olivo, la vita e la storia del Mediterraneo non si interrompono solo per far piacere al geografo, al botanico, allo storico.
E poi il Mediterraneo è mare di scambi, di mescolanze, di appartenenze sfumate e confuse, a volta esse stesse fonte di equivoci. Allo stesso modo con cui la vela triangolare che noi chiamiamo latina ci arriva dall'oceano Indiano ed è regalo dell'Islam.
Il Mediterraneo è storia di potenti flussi migratori - mica solo ora - è storia di popoli che hanno passato il mare e hanno cominciato un'altra vita su un'altra sponda, come i coloni delle città greche in Sicilia e in Calabria. Carestie, invasioni, massacri, ma poi una storia che si distende, dopo la tragedia.
E' mare dove le civiltà più belle e affascinanti - a volte anche le più misteriose - sono state quelle più aperte allo scambio, meno tenacemente dedite al mestiere della guerra. Dagli ittiti che non manifestano la crudeltà guerriera di tutta un'epoca ai minoici di Creta, con i loro palazzi senza difese, agli etruschi, con i sorrisi enigmatici della loro arte.
Ci sono simpatie, ci sono emozioni, in questo libro appassionante come un romanzo. Non le nasconde, Braudel, le rivel,a ci gioca, se ne fa forte:
Queste passioni contraddittorie sono la fiamma di cui si nutre la storia, quella che ci viene raccontata e quella che a nostra volta cerchiamo di comprendere. Come si potrebbe non soffrire, o non entusiasmarsi cammin facendo, anche se è un peccato contro le sacrosante regole dell'imparzialità?
Concordo. E anch'io, in queste pagine, mi sono sentito ittita, cretese, etrusco, nomade del mare
Memorie del Mediterraneo di Fernand Braudel (Bompiani) è assai più di un ottimo saggio storico. Non è l'opera di uno specialista per specialisti. Si raccomanda per la lettura a tutti coloro che sentono il richiamo di un mare che - come indica lo stesso nome - è spazio tra terre diverse dove tante civiltà hanno conosciuto prosperità e declino.
Lettura buona per chi ama capire cosa rimane oltre i singoli eventi e per chi sa che c'è una storia oltre l'odore della salsedine, la rosa dei venti, le merci accatastate sui moli e i sapori delle cucine: di più, che proprio queste cose fanno la storia.
E la storia che Braudel racconta abbraccia con un poderoso colpo d'occhio i secoli e i millenni. Parte dall'inizio, dal mare che non è ancora mare, per raccontare poi i tanti popoli che questo mare lo hanno solcato, dai cretesi ai fenici, dagli etruschi ai greci e ai romani.
E quante sorprese in queste pagine, quanti punti fermi che lo storico fissa a uso e consumo del nostro presente.
Per esempio, sullo spazio e sul tempo, perché il Mediterraneo, spiega Braudel, non si è mai rinchiuso nella propria storia, ma ne ha rapidamente superato i confini: a ovest verso l'oceano Atlantico; a est attraverso il Vicino Oriente... Oltrepassato l'ultimo olivo, la vita e la storia del Mediterraneo non si interrompono solo per far piacere al geografo, al botanico, allo storico.
E poi il Mediterraneo è mare di scambi, di mescolanze, di appartenenze sfumate e confuse, a volta esse stesse fonte di equivoci. Allo stesso modo con cui la vela triangolare che noi chiamiamo latina ci arriva dall'oceano Indiano ed è regalo dell'Islam.
Il Mediterraneo è storia di potenti flussi migratori - mica solo ora - è storia di popoli che hanno passato il mare e hanno cominciato un'altra vita su un'altra sponda, come i coloni delle città greche in Sicilia e in Calabria. Carestie, invasioni, massacri, ma poi una storia che si distende, dopo la tragedia.
E' mare dove le civiltà più belle e affascinanti - a volte anche le più misteriose - sono state quelle più aperte allo scambio, meno tenacemente dedite al mestiere della guerra. Dagli ittiti che non manifestano la crudeltà guerriera di tutta un'epoca ai minoici di Creta, con i loro palazzi senza difese, agli etruschi, con i sorrisi enigmatici della loro arte.
Ci sono simpatie, ci sono emozioni, in questo libro appassionante come un romanzo. Non le nasconde, Braudel, le rivel,a ci gioca, se ne fa forte:
Queste passioni contraddittorie sono la fiamma di cui si nutre la storia, quella che ci viene raccontata e quella che a nostra volta cerchiamo di comprendere. Come si potrebbe non soffrire, o non entusiasmarsi cammin facendo, anche se è un peccato contro le sacrosante regole dell'imparzialità?
Concordo. E anch'io, in queste pagine, mi sono sentito ittita, cretese, etrusco, nomade del mare
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