Non basta denunciare quello che non va, dobbiamo essere capaci di promuovere quello che c'è di buono. Così sono partito, con lo zaino in spalla e un motto in tasca: raccontare il bello per costruire il bello.
Non sono molti i giornalisti che si caricano lo zaino in spalla e partono. Pochi sono oramai anche quelli che si staccano dal computer in redazione. Jacopo Storni è tra questi pochi: uno che prende e va a vedere. Che incontra e racconta le storie che raccoglie. Il buon cronista si vede dalle scarpe che consuma, si diceva una volta. Lui credo ne abbia consumate diverse paia.
Di giornalisti che prendono e vanno ce ne sarebbe bisogno soprattutto per fare luce sull'Italia che cambia e magari non fa notizia. Succede con molti grandi cambiamenti, perché, come si dice in Oriente, un albero che cade fa più rumore di una foresta che cresce.
Ce ne sarebbe bisogno soprattutto per quanti ancora non riescono a misurarsi con un futuro che è già presente, che è un dato di fatto piuttosto che una paura da esorcizzare: quello di un paese necessariamente multetnico, plurale.
E ha ragione Jacopo, il problema è tutto qui: in quello che si racconta e che è anche giusto continuare a raccontare, sempre che non lasci in ombra il resto, che il cono di luce non resti solo dov'è.
Tradotto per il tema dei temi, l'immigrazione: dici immigrato e pensi ai barconi, ai naufragi, agli schiavi dei campi, ai disperati in giro per le città, alle file in questura. Tutto qui?
L'Italia siamo noi, il titolo del libro di Jacopo (Castelvecchi editore), basta a rovesciare la cosa. Perché c'è un'Italia che è un'Italia di immigrati che si sono inseriti nell'economia e nella scoietà, che lavorano e che fanno lavorare, che addirittura sono protagonisti di storie di successo.
In questo viaggio per l'Italia di storie così ce ne sono diverse. Fuad, il primario africano che ha salvato la vita anche a chi non si immaginava che lui potesse mai essere un medico. Liliam, la baby prostituta brasiliana diventata la regina delle torte a Torino. Jean-Jacques, il prete africano che trascina le folle e il maggiore Pala, eritreo che gira per il mondo al servizio dell'esercito italiano.... Personaggi anche noti, come Thuram, campione di calcio e di vita, oppure Idris, lo stesso di Quelli del calcio...
Pesonaggi, storie, ma soprattutto l'idea di un'altra Italia, di un'Italia che c'è.... raccontata in un libro che non è un saggio, ma un ottimo reportage. Perché ci vogliono anche buone penne, non solo sguardi puliti, per raccontare questa Italia.
Non sono molti i giornalisti che si caricano lo zaino in spalla e partono. Pochi sono oramai anche quelli che si staccano dal computer in redazione. Jacopo Storni è tra questi pochi: uno che prende e va a vedere. Che incontra e racconta le storie che raccoglie. Il buon cronista si vede dalle scarpe che consuma, si diceva una volta. Lui credo ne abbia consumate diverse paia.
Di giornalisti che prendono e vanno ce ne sarebbe bisogno soprattutto per fare luce sull'Italia che cambia e magari non fa notizia. Succede con molti grandi cambiamenti, perché, come si dice in Oriente, un albero che cade fa più rumore di una foresta che cresce.
Ce ne sarebbe bisogno soprattutto per quanti ancora non riescono a misurarsi con un futuro che è già presente, che è un dato di fatto piuttosto che una paura da esorcizzare: quello di un paese necessariamente multetnico, plurale.
E ha ragione Jacopo, il problema è tutto qui: in quello che si racconta e che è anche giusto continuare a raccontare, sempre che non lasci in ombra il resto, che il cono di luce non resti solo dov'è.
Tradotto per il tema dei temi, l'immigrazione: dici immigrato e pensi ai barconi, ai naufragi, agli schiavi dei campi, ai disperati in giro per le città, alle file in questura. Tutto qui?
L'Italia siamo noi, il titolo del libro di Jacopo (Castelvecchi editore), basta a rovesciare la cosa. Perché c'è un'Italia che è un'Italia di immigrati che si sono inseriti nell'economia e nella scoietà, che lavorano e che fanno lavorare, che addirittura sono protagonisti di storie di successo.
In questo viaggio per l'Italia di storie così ce ne sono diverse. Fuad, il primario africano che ha salvato la vita anche a chi non si immaginava che lui potesse mai essere un medico. Liliam, la baby prostituta brasiliana diventata la regina delle torte a Torino. Jean-Jacques, il prete africano che trascina le folle e il maggiore Pala, eritreo che gira per il mondo al servizio dell'esercito italiano.... Personaggi anche noti, come Thuram, campione di calcio e di vita, oppure Idris, lo stesso di Quelli del calcio...
Pesonaggi, storie, ma soprattutto l'idea di un'altra Italia, di un'Italia che c'è.... raccontata in un libro che non è un saggio, ma un ottimo reportage. Perché ci vogliono anche buone penne, non solo sguardi puliti, per raccontare questa Italia.
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