Natale 1941: così triste, questo Natale, uno dei più tristi, con il fascismo e la guerra. Eppure Piero Calamandrei riesce a fare un regalo che sa di speranza.
Lo fa con un libro completamente diverso da quello che potremmo aspettarci da un grande giurista. Ed è davvero un regalo, perché si tratta di un libro fuori commercio, stampato in trecento copie e inviato agli amici: Inventario della casa di campagna.
Negli anni, per fortuna, è stato ristampato. E se non vi è mai capitato tra le mani scopritelo ora, magari in una recente ristampa anastatica che è segno di fedeltà alle care vecchie cose di un tempo: fedeltà, tra l'altro, che può manifestarsi anche nella buona carta, nella cura tipografica, nelle illustrazioni che racchiudono un mondo.
La casa di campagna è quella di Piero bambino e adolescente, nel cuore della Toscana. E nell'inventario c'è tutto quanto appartiene ai giochi, alle fantasie, ai sogni di chi ancora può trovare la Malesia di Sandokan nel boschetto al limitare dei campi. Ma ci sono anche le veglie sotto le fronde degli alberi le sere d'estate, ci sono i pomeriggi trascorsi a caccia di farfalle e di formiche, ci sono i funghi tesoro nascosto e invidiato. C'è il parlare di una volta e c'è un mondo che non c'è più, con i suoi modi di dire, gli attrezzi e i saperi, le abitudini.
Magnificamente scritto, l'Inventario. Incredibile narrazione di un'oasi di pace e serenità pensata e donata nel bel mezzo di un conflitto atroce. Dallo stesso uomo, per di più, che oggi è più facile ricordare proprio per le sue parole sulla libertà e sulla lezione morale della Resistenza.
Che poi, a pensarci: questi ricordi, questa magnifica lingua, sembrano costruire una possibilità di fuga. E invece no, invece anche questo, a modo suo, è resistere: contrapponendo alle forze della distruzione ciò che semplicemente sa essere fedele a se stesso e a una patria che abita il cuore.
Lo fa con un libro completamente diverso da quello che potremmo aspettarci da un grande giurista. Ed è davvero un regalo, perché si tratta di un libro fuori commercio, stampato in trecento copie e inviato agli amici: Inventario della casa di campagna.
Negli anni, per fortuna, è stato ristampato. E se non vi è mai capitato tra le mani scopritelo ora, magari in una recente ristampa anastatica che è segno di fedeltà alle care vecchie cose di un tempo: fedeltà, tra l'altro, che può manifestarsi anche nella buona carta, nella cura tipografica, nelle illustrazioni che racchiudono un mondo.
La casa di campagna è quella di Piero bambino e adolescente, nel cuore della Toscana. E nell'inventario c'è tutto quanto appartiene ai giochi, alle fantasie, ai sogni di chi ancora può trovare la Malesia di Sandokan nel boschetto al limitare dei campi. Ma ci sono anche le veglie sotto le fronde degli alberi le sere d'estate, ci sono i pomeriggi trascorsi a caccia di farfalle e di formiche, ci sono i funghi tesoro nascosto e invidiato. C'è il parlare di una volta e c'è un mondo che non c'è più, con i suoi modi di dire, gli attrezzi e i saperi, le abitudini.
Magnificamente scritto, l'Inventario. Incredibile narrazione di un'oasi di pace e serenità pensata e donata nel bel mezzo di un conflitto atroce. Dallo stesso uomo, per di più, che oggi è più facile ricordare proprio per le sue parole sulla libertà e sulla lezione morale della Resistenza.
Che poi, a pensarci: questi ricordi, questa magnifica lingua, sembrano costruire una possibilità di fuga. E invece no, invece anche questo, a modo suo, è resistere: contrapponendo alle forze della distruzione ciò che semplicemente sa essere fedele a se stesso e a una patria che abita il cuore.
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