Poi un giorno ti capita tra le mani un libro di dieci anni fa. E forse non ti ha cercato, forse l'hai proprio cercato tu, perché a volte la curiosità ti spinge via dai libri che hai deciso di leggere, quelli che stanno in attesa sulla scrivania o sul comodino, ti spinge via e ti deposita davanti a una bancarella dell'usato o su uno scaffale più trascurato di una libreria. Oppure in effetti c'era un argomento da approfondire e l'occhio ti è cascato. Oppure avevi fame di parole con cui rivestire un sentimento o un viaggio da fare.
E così capita un libro come questo, che quando è uscito credo non abbia scalato le classifiche dei best-seller, uno di quei libri che scivolano via e vai a sapere se meritava davvero attenzione.
Autore Paolo Lagazzi. Titolo: La Casa del poeta. Sottotitolo: Ventiquattro estati a Casarola con Attilio Bertolucci. Un editore importante, Garzanti. E bella è anche l'edizione, di un'eleganza che desta una qualche nostalgia - e la nostalgia, si sa, è un sentimento che sai abitare benissimo. Però che dire? Non hai mai sentito nominare l'autore e tanto meno Casarola. Di Attilio Bertolucci, poi, fino all'altro giorno sapevi vagamente solo che è stato un poeta, padre di un grandissimo regista.
Lo prendi perché scopri che Casarola è un paesino incastonato sull'Appennino: ci arriva una strada che da Parma, curva dopo curva, sale i monti. E per in monti, in particolare per l'Appennino, coltivi un pregiudizio decisamente favorevole.
Senza troppa convinzione, gli dai un'occhiata. E sorpresa, non è un libro di memorie, tantomeno il saggio di un critico o di uno storico locale.
C'è l'Appennino, qui dentro, c'è la montagna e la sua poesia. C'è la casa del poeta, che non sono solo pareti e arredi, ma vita che si è impastata e che ha fatto appunto casa. C'è lo sguardo che da quella casa si irradia tutto intorno, facendo propri i boschi e le vette. Ci sono le estati, le ventiquattro estati una dietro l'altra, che si confondono e diventano un'unica estate, perché così era ai tempi delle villeggiature, magari proprio in Appennino, erano mesi che più che altro rappresentavano un ritorno, non un viaggio, erano un ritrovarsi e un riconoscersi, che importanza poteva avere l'anno?
C'è certo anche un'altra Italia, di cui ormai è rimasto poco e quel poco credo proprio in posti come Casarola. Così semplice Casarola, eppure non riesci a liberarti dell'idea che trattenga qualcosa della magia.
E c'è la poesia, ovviamente. La poesia che è casa, che è montagna, che è tempo e che è luce che illumina il cammino.
Non me lo dire: questo libro, forse, lo avrai letto fino in fondo.
E così capita un libro come questo, che quando è uscito credo non abbia scalato le classifiche dei best-seller, uno di quei libri che scivolano via e vai a sapere se meritava davvero attenzione.
Autore Paolo Lagazzi. Titolo: La Casa del poeta. Sottotitolo: Ventiquattro estati a Casarola con Attilio Bertolucci. Un editore importante, Garzanti. E bella è anche l'edizione, di un'eleganza che desta una qualche nostalgia - e la nostalgia, si sa, è un sentimento che sai abitare benissimo. Però che dire? Non hai mai sentito nominare l'autore e tanto meno Casarola. Di Attilio Bertolucci, poi, fino all'altro giorno sapevi vagamente solo che è stato un poeta, padre di un grandissimo regista.
Lo prendi perché scopri che Casarola è un paesino incastonato sull'Appennino: ci arriva una strada che da Parma, curva dopo curva, sale i monti. E per in monti, in particolare per l'Appennino, coltivi un pregiudizio decisamente favorevole.
Senza troppa convinzione, gli dai un'occhiata. E sorpresa, non è un libro di memorie, tantomeno il saggio di un critico o di uno storico locale.
C'è l'Appennino, qui dentro, c'è la montagna e la sua poesia. C'è la casa del poeta, che non sono solo pareti e arredi, ma vita che si è impastata e che ha fatto appunto casa. C'è lo sguardo che da quella casa si irradia tutto intorno, facendo propri i boschi e le vette. Ci sono le estati, le ventiquattro estati una dietro l'altra, che si confondono e diventano un'unica estate, perché così era ai tempi delle villeggiature, magari proprio in Appennino, erano mesi che più che altro rappresentavano un ritorno, non un viaggio, erano un ritrovarsi e un riconoscersi, che importanza poteva avere l'anno?
C'è certo anche un'altra Italia, di cui ormai è rimasto poco e quel poco credo proprio in posti come Casarola. Così semplice Casarola, eppure non riesci a liberarti dell'idea che trattenga qualcosa della magia.
E c'è la poesia, ovviamente. La poesia che è casa, che è montagna, che è tempo e che è luce che illumina il cammino.
Non me lo dire: questo libro, forse, lo avrai letto fino in fondo.
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