Non ci credo, come è possibile che un libro così mi abbia preso e
tenuto stretto? E per la verità: cosa è che me la fatto comprare?
Non ci credo che non mi sia bloccato di fronte non dico al titolo, Norwegian Wood, che è un titolo che ci può stare (in fondo avrei potuto prenderlo per il romanzo di Murakami), ma di fronte al sottototitolo: Il metodo scandinavo per tagliare, accatastare e scaldarsi con la legna. Autore Lars Mytting, che anche lui non so quanto ci ha creduto, all'idea che persone come me potessero leggerlo, tranne ricredersi di fronte all'evidenza dei numeri.
Il fatto è che Norwegian Wood è stato tradotto in numerose lingue, passa per un best-seller e comunque è già un libro di culto. E questo benché racconti proprio ciò che fedelmenmte riporta nel titolo: ovvero come gli scandinavi si procurano la legna con cui si riscalderanno, come la tagliano, l'accatastano, l'essiccano.
Sembrerebbe un libro per cultori della materia, non dico per taglialegna che già queste cose dovrebbero saperle tutte a menadito, ma per appassionati di stufe o cose del genere. Senz'altro ce ne sono, come esistono i collezionisti di modellini ferroviari.
E invece, questo libro è stata tentazione cui ho ceduto volentieri. E quante cose ci ho trovato dentro, io che non ho mai usato la scure per abbattere un albero e che non ho una legnaia in giardino. Ho trovato poesia - Il profumo di legno fresco è una delle ultime cose che dimenticherai quando il velo si chiuderà - ho trovato la convinzione che il fuoco a legna è assai di più di una fonte di calore, che il taglio del bosco può essere un atto di amore. Ho scoperto che anche spaccare un ciocco è gesto che richiama il senso del lavoro ben fatto e che nei metodi c'è sentimento.
E certo mi sono immerso nel fascino del Grande Nord, da sempre radicato nel mio immaginario: i boschi di betulla, i silenzi della neve e i gorgoglii del disgelo, i profumi delle resine e il tepore delle case. La semplicità che non è solo Ikea e il rispetto che non è solo il politically correct.
Figurarsi, potrei perfino avventurarmi in azzardati paragoni tra il boscaiolo norvegese e il samurai nel tiro con l'arco. Però mi fermo prima, contento di ritornare a gesti che appartengono alla bellezza, al fluire del tempo e delle stagioni, al mondo degli affetti, sì, soprattutto a questo: perché si taglia la legna per riscaldarci insieme di inverno, lasciando fuori il buio e il ghiaccio.
Come l'anziano, al tramonto della vita, che per l'ultima volta taglia la legna. Consapevole che la legnaia sarà ciò che di lui rimarrà quando, con il nuovo freddo, lui non ci sarà più. Servirà per chi rimane. Servirà a tutti noi che almeno su una pagina lo abbiamo incontrato
Non ci credo che non mi sia bloccato di fronte non dico al titolo, Norwegian Wood, che è un titolo che ci può stare (in fondo avrei potuto prenderlo per il romanzo di Murakami), ma di fronte al sottototitolo: Il metodo scandinavo per tagliare, accatastare e scaldarsi con la legna. Autore Lars Mytting, che anche lui non so quanto ci ha creduto, all'idea che persone come me potessero leggerlo, tranne ricredersi di fronte all'evidenza dei numeri.
Il fatto è che Norwegian Wood è stato tradotto in numerose lingue, passa per un best-seller e comunque è già un libro di culto. E questo benché racconti proprio ciò che fedelmenmte riporta nel titolo: ovvero come gli scandinavi si procurano la legna con cui si riscalderanno, come la tagliano, l'accatastano, l'essiccano.
Sembrerebbe un libro per cultori della materia, non dico per taglialegna che già queste cose dovrebbero saperle tutte a menadito, ma per appassionati di stufe o cose del genere. Senz'altro ce ne sono, come esistono i collezionisti di modellini ferroviari.
E invece, questo libro è stata tentazione cui ho ceduto volentieri. E quante cose ci ho trovato dentro, io che non ho mai usato la scure per abbattere un albero e che non ho una legnaia in giardino. Ho trovato poesia - Il profumo di legno fresco è una delle ultime cose che dimenticherai quando il velo si chiuderà - ho trovato la convinzione che il fuoco a legna è assai di più di una fonte di calore, che il taglio del bosco può essere un atto di amore. Ho scoperto che anche spaccare un ciocco è gesto che richiama il senso del lavoro ben fatto e che nei metodi c'è sentimento.
E certo mi sono immerso nel fascino del Grande Nord, da sempre radicato nel mio immaginario: i boschi di betulla, i silenzi della neve e i gorgoglii del disgelo, i profumi delle resine e il tepore delle case. La semplicità che non è solo Ikea e il rispetto che non è solo il politically correct.
Figurarsi, potrei perfino avventurarmi in azzardati paragoni tra il boscaiolo norvegese e il samurai nel tiro con l'arco. Però mi fermo prima, contento di ritornare a gesti che appartengono alla bellezza, al fluire del tempo e delle stagioni, al mondo degli affetti, sì, soprattutto a questo: perché si taglia la legna per riscaldarci insieme di inverno, lasciando fuori il buio e il ghiaccio.
Come l'anziano, al tramonto della vita, che per l'ultima volta taglia la legna. Consapevole che la legnaia sarà ciò che di lui rimarrà quando, con il nuovo freddo, lui non ci sarà più. Servirà per chi rimane. Servirà a tutti noi che almeno su una pagina lo abbiamo incontrato
Sono rimasta interdetta per un po' perchè il pensiero è andato a Murakami, ed io quel norwegian Wood lì lo avrei utilizzato senza troppi scrupoli per accenderla quella legna...
RispondiEliminaPoi non so se cederò alla tentazione, nonostante il tuo bel post.
Eh, carissima, sull'altro Norwegian Wood anch'io avrei qualche tentazione non propriamente ignifuga.... ma questo qui è davvero un libro così strano che ci caschi dentro....
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