Non lasciateci spaventare dalle etimologie, dai versi tradotti, dai concetti esplorati con raffinati ragionamenti. In realtà questo è un libro di cui si può godere anche se non si conosce il latino, anche se Ovidio è per voi un perfetto sconosciuto - e non lo è, perché vale per Ovidio ciò che vale per Dante, le sue parole sono da sempre seme e raccolto per la nostra cultura, Ovidio c'è anche se non lo sappiamo.
Da leggere, perché in tempo di letture superficiali, di libri bruciati in pochi mesi negli scaffali delle librerie e nelle classifiche dei bestseller, ci restituisce il sollievo di ciò che dura.... e appunto, ci permette di riappropriarci di ciò che è classico.
Del libro di Nicola Gardini studioso che sa rivolgersi anche al cuore dei lettori attenti - preferisco il sottotitolo al titolo. Con Ovidio va bene, ma che bello La felicità di leggere un classico... Soprattutto dopo aver capito, con Gardini, cos'è davvero un classico.
Ovvero un'opera che sfugge a ogni facile catalogazione definizione, verrebbe da dire in prima battuta. Tranne poi aggiungere: è un modo di pensare e di raccontare il mondo. E non solo, perché è qualcosa che viene da lontano ed è riuscito ad arrivare fino a noi. E' lontananza che si fa presenza. E' qualcosa che ci invita al silenzio.
Col classico, dice splendidamente Gardini, diamo ospitalità allo straniero, gli offriamo la nostra casa e ci mettiamo ad ascoltarlo. E lo straniero non viene senza doni. Con lui in qualche modo diventiamo nuovi.
E allora ecco Ovidio, poeta che ci viene facile associare all'idea della leggerezza e dell'erotismo, ma che in queste pagine scopro soprattutto poeta dell'incertezza e delle identità confuse: cosa ci può essere di più moderno?
Il poeta dei centauri e di altre creature che sono e non sono, o che uniscono forme diverse. Il poeta delle metamorfosi, che non sono solo giochi intellettuali e miti che si fanno raccontare. Il poeta che nell'esilio si fa lui stesso straniero - e l'incertezza è la condizione dello straniero.
Da leggere, questo libro. Da leggere, Ovidio. Per scoprire che il classico parla a noi, perché il classico non è solo il suo tempo, ma è tutto il tempo che viene a mettersi tra lui e noi.
E perché, in quel simultaneo divenire, se lui appare moderno, noi ci ritroviamo antichi.
Da leggere, perché in tempo di letture superficiali, di libri bruciati in pochi mesi negli scaffali delle librerie e nelle classifiche dei bestseller, ci restituisce il sollievo di ciò che dura.... e appunto, ci permette di riappropriarci di ciò che è classico.
Del libro di Nicola Gardini studioso che sa rivolgersi anche al cuore dei lettori attenti - preferisco il sottotitolo al titolo. Con Ovidio va bene, ma che bello La felicità di leggere un classico... Soprattutto dopo aver capito, con Gardini, cos'è davvero un classico.
Ovvero un'opera che sfugge a ogni facile catalogazione definizione, verrebbe da dire in prima battuta. Tranne poi aggiungere: è un modo di pensare e di raccontare il mondo. E non solo, perché è qualcosa che viene da lontano ed è riuscito ad arrivare fino a noi. E' lontananza che si fa presenza. E' qualcosa che ci invita al silenzio.
Col classico, dice splendidamente Gardini, diamo ospitalità allo straniero, gli offriamo la nostra casa e ci mettiamo ad ascoltarlo. E lo straniero non viene senza doni. Con lui in qualche modo diventiamo nuovi.
E allora ecco Ovidio, poeta che ci viene facile associare all'idea della leggerezza e dell'erotismo, ma che in queste pagine scopro soprattutto poeta dell'incertezza e delle identità confuse: cosa ci può essere di più moderno?
Il poeta dei centauri e di altre creature che sono e non sono, o che uniscono forme diverse. Il poeta delle metamorfosi, che non sono solo giochi intellettuali e miti che si fanno raccontare. Il poeta che nell'esilio si fa lui stesso straniero - e l'incertezza è la condizione dello straniero.
Da leggere, questo libro. Da leggere, Ovidio. Per scoprire che il classico parla a noi, perché il classico non è solo il suo tempo, ma è tutto il tempo che viene a mettersi tra lui e noi.
E perché, in quel simultaneo divenire, se lui appare moderno, noi ci ritroviamo antichi.
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