Questa è la storia di un viaggio che non avrebbe dovuto esserci, ma che andava comunque raccontato. La storia di un uomo - un uomo? - che cambia continente e identità per sottrarsi alle sue tremende responsabilità. E anche la storia di un altro viaggio, che è dell'autore e che deve essere di tutti noi, non tanto negli orrori del Novecento - per i quali non mancano certo i libri - quanto in quel mondo, tra Europa e America del Sud, dove complicità, amnesie e tornaconti vari hanno dato una nuova possibilità ai peggiori criminali.
E' un gran libro, La scomparsa di Josef Mengele di Olivier Guez (Neri Pozza), che ci restituisce la storia del medico che più di tutti ha rovesciato e sporcato il senso della medicina: il macellaio di Auschwitz, il custode della purezza della razza, l'uomo degli sperimenti più criminali sui bambini e le bambine.
Per raccontare non c'è bisogno di passare per i lager, il prima è appunto ciò che è prima, si dà per acquisito. Questo è un libro sul dopo, sulla fuga e sulla nuova vita di Mengele, tra Argentina e Paraguay. Sulle sue sconvolgenti convinzioni che nemmeno il crollo del Reich ha rimesso in discussione, non l'incrinatura di un dubbio, non un sussulto di rimorso. Sui tanti che nell'immensità del Sudamerica, protetti da troppi, hanno ricavato angoli di Baviera nazista, tra nostalgie per il passato e trame per il futuro. Su un mito - quello di Mengele criminale svanito nel nulla - che poche ragioni ha di essere, visto che fino alla sua morte naturale il diretto interessato è rimasto in contatto costante con la famiglia, una volta è anche tornato in Europa.
E meno male che c'è almeno un destino che si compie e che ha il gusto amarognolo di un conto comunque pagato: nell'ultimo lembo di vita, Mendele ormai uomo solo, malato, in guerra con tutti e soprattutto con se stesso.
Per raccontare tutto questo ci voleva una grande penna, ma anche una penna misurata, capace di mostrare il cuore di tenebra senza effetti speciali. Perché la storia parla da sé se si lascia parlare: ed è quanto Olivier Suez ha fatto, ottimamente.
E' un gran libro, La scomparsa di Josef Mengele di Olivier Guez (Neri Pozza), che ci restituisce la storia del medico che più di tutti ha rovesciato e sporcato il senso della medicina: il macellaio di Auschwitz, il custode della purezza della razza, l'uomo degli sperimenti più criminali sui bambini e le bambine.
Per raccontare non c'è bisogno di passare per i lager, il prima è appunto ciò che è prima, si dà per acquisito. Questo è un libro sul dopo, sulla fuga e sulla nuova vita di Mengele, tra Argentina e Paraguay. Sulle sue sconvolgenti convinzioni che nemmeno il crollo del Reich ha rimesso in discussione, non l'incrinatura di un dubbio, non un sussulto di rimorso. Sui tanti che nell'immensità del Sudamerica, protetti da troppi, hanno ricavato angoli di Baviera nazista, tra nostalgie per il passato e trame per il futuro. Su un mito - quello di Mengele criminale svanito nel nulla - che poche ragioni ha di essere, visto che fino alla sua morte naturale il diretto interessato è rimasto in contatto costante con la famiglia, una volta è anche tornato in Europa.
E meno male che c'è almeno un destino che si compie e che ha il gusto amarognolo di un conto comunque pagato: nell'ultimo lembo di vita, Mendele ormai uomo solo, malato, in guerra con tutti e soprattutto con se stesso.
Per raccontare tutto questo ci voleva una grande penna, ma anche una penna misurata, capace di mostrare il cuore di tenebra senza effetti speciali. Perché la storia parla da sé se si lascia parlare: ed è quanto Olivier Suez ha fatto, ottimamente.
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