L'incontro si verificò all'altezza del gazebo della musica. Fu un abbraccio breve. Le due si guardarono un istante negli occhi prima di separarsi. Si dissero qualcosa? Niente. Non si dissero niente.
A volte succede così con un libro. Ne senti parlare, scorri qualche recensione, titubi, ma finisci per acquistarlo. Poi lo lasci tra i libri che sì, forse un giorno leggerai, tanto sono a portata di mano. Per quanto mi riguarda una pila che cresce di mese in mese. Ogni tanto ti avvicini, lo prendi tra le mani, lo scorri: lettura impegnativa però. E rimane lì. Finché un giorno ti decidi e in quella lettura ti tuffi e non vorresti più riemergere.
Ecco, questo è quanto mi è capitato con Patria di Fernando Aramburu (Guanda), una lettura che mi ha riconciliato con il piacere dei libri che valgono davvero, non importa se per arrivare in fondo ci vogliono più di 600 pagine e se a volte ci si smarrisce tra i nomi dei personaggi, che in effetti un po' ostici sono.
Chi mi conosce sa che amo le classifiche alla Nick Hornby, tipo i più bei cinque libri che abbiate mai letto, mi piacciono perché sono un modo di mettere ordine alle proprie emozioni, poi tanto le classifiche sono belle se sono provvisorie, se ogni poco si rovesciano. Così non mi sorprende che oggi, giorno di San Silvestro, mi sia trovato a rimuginare sul libro che più mi ha catturato - dico così, non il più bello - nel corso di questo 2018.
Beh, Patria è in ottima compagnia. E forse avrei fatto meglio a puntare sul mio best five. Però, però. Mi sa che sto usando un pretesto, adoperando un titolo, solo per formulare un augurio.
Un cenno alla trama. Aramburu ci racconta - magnificamente - di due famiglie che abitano una dirimpetto all'altra in una minuscola comunità alle porte di San Sebastian, nei Paesi Baschi. Non sono solo vicini, in un posto di piccoli numeri in cui è impossibile non conoscerci. Tra loro ci sono legami stretti che vengono da lontano e che la vita di paese consolida: le bevute in osteria, i giochi dei ragazzi, le uscite in bicicletta. Solo che sono gli anni della lotta armata dell'Eta contro lo Stato spagnolo, ci sono troppi morti per strada e un giorno c'è il morto che si abbatte come una scure sui legami che sembrano più forti e inscindibili.
La patria può essere la stessa, ma senza una comune appartenenza. Le vicende separano anche quelle due famiglie, erigono un muro dove c'era la strada che li univa, sigillano tutti i protagonisti in un bozzolo di silenzi e diffidenze. A dispetto degli stessi sentimenti che ancora abitano i loro cuori: sono sentimenti che non trovano più un varco.
E quanta sofferenza si sarebbero potuti risparmiare tutti. Con un solo gesto, un solo passo avanti. Senza nemmeno il bisogno di una parola.
Il passo avanti: è magnifico quel momento, è il dono di questo libro. Che proprio per questo non è solo il libro del 2018, ma il mio augurio per il 2019. In questo mondo di troppi muri. A volte basta un passo avanti: e il muro svanisce.
A volte succede così con un libro. Ne senti parlare, scorri qualche recensione, titubi, ma finisci per acquistarlo. Poi lo lasci tra i libri che sì, forse un giorno leggerai, tanto sono a portata di mano. Per quanto mi riguarda una pila che cresce di mese in mese. Ogni tanto ti avvicini, lo prendi tra le mani, lo scorri: lettura impegnativa però. E rimane lì. Finché un giorno ti decidi e in quella lettura ti tuffi e non vorresti più riemergere.
Ecco, questo è quanto mi è capitato con Patria di Fernando Aramburu (Guanda), una lettura che mi ha riconciliato con il piacere dei libri che valgono davvero, non importa se per arrivare in fondo ci vogliono più di 600 pagine e se a volte ci si smarrisce tra i nomi dei personaggi, che in effetti un po' ostici sono.
Chi mi conosce sa che amo le classifiche alla Nick Hornby, tipo i più bei cinque libri che abbiate mai letto, mi piacciono perché sono un modo di mettere ordine alle proprie emozioni, poi tanto le classifiche sono belle se sono provvisorie, se ogni poco si rovesciano. Così non mi sorprende che oggi, giorno di San Silvestro, mi sia trovato a rimuginare sul libro che più mi ha catturato - dico così, non il più bello - nel corso di questo 2018.
Beh, Patria è in ottima compagnia. E forse avrei fatto meglio a puntare sul mio best five. Però, però. Mi sa che sto usando un pretesto, adoperando un titolo, solo per formulare un augurio.
Un cenno alla trama. Aramburu ci racconta - magnificamente - di due famiglie che abitano una dirimpetto all'altra in una minuscola comunità alle porte di San Sebastian, nei Paesi Baschi. Non sono solo vicini, in un posto di piccoli numeri in cui è impossibile non conoscerci. Tra loro ci sono legami stretti che vengono da lontano e che la vita di paese consolida: le bevute in osteria, i giochi dei ragazzi, le uscite in bicicletta. Solo che sono gli anni della lotta armata dell'Eta contro lo Stato spagnolo, ci sono troppi morti per strada e un giorno c'è il morto che si abbatte come una scure sui legami che sembrano più forti e inscindibili.
La patria può essere la stessa, ma senza una comune appartenenza. Le vicende separano anche quelle due famiglie, erigono un muro dove c'era la strada che li univa, sigillano tutti i protagonisti in un bozzolo di silenzi e diffidenze. A dispetto degli stessi sentimenti che ancora abitano i loro cuori: sono sentimenti che non trovano più un varco.
E quanta sofferenza si sarebbero potuti risparmiare tutti. Con un solo gesto, un solo passo avanti. Senza nemmeno il bisogno di una parola.
Il passo avanti: è magnifico quel momento, è il dono di questo libro. Che proprio per questo non è solo il libro del 2018, ma il mio augurio per il 2019. In questo mondo di troppi muri. A volte basta un passo avanti: e il muro svanisce.
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