Per anni avevo esitato a svolgere queste indagini, forse per un inconscio timore di imbattermi, seguendo le sue tracce, in scoperte che avrebbero superato le mie aspettative, senz'altro giù cupe.
Già in altri libri, su tutti Paesaggi contaminati, Martin Pollack non si è certo sottratto alla verità e al suo orrore. Qui però gioca davvero a carte scoperte, lasciandosi alle spalle ogni imbarazzo, più forte di ogni ricatto degli affetti e delle emozioni.
E forse ha esitato a lungo, prima di accingersi alla più difficile delle sue indagini, provare a fare verità anche tra le pareti di casa. Però dopo aver deciso è andato in fondo: il Morto nel bunker (Keller editore) è uno dei libri più intensi e veri su ciò che ha significato essere nazisti e far parte della macchina di sterminio di Hitler.
6 aprile 1947: in un bunker dalle parti del Brennero viene ritrovato il corpo di un uomo assassinato. E' il padre di Martin Pollack e lui non ha dubbi fin dall'inizio. La sua morte violenta - spiega - era la conclusione di una vita in cui la violenza aveva giocato un ruolo di primo piano.
Indagine su mio padre, così recita il sottotitolo di un libro che non fa sconti. Quel padre Martin Pollack non l'ha mai conosciuto, eppure la sua ombra - l'ombra di ciò che ha fatto negli anni più terribili - fin dall'inizio si è stesa su di lui. Il padre, ufficiale della Gestapo, membro delle forze speciali responsabili delle esecuzioni di massa dietro la linea del fronte, criminale di guerra.
Indagare sul padre, però, significa anche indagare su una famiglia dove il nazismo è riuscito a piantare radici salde. La cronaca familiare si mescola all'affresco storico, alle vicende di comunità di lingua tedesca fuori dalla Germania che dopo la dissoluzione dell'impero asburgico sono entrate in rotta di collisione con il mondo slavo, consegnandosi ai sentimenti nazionalistici più esasperati.
Una spirale di odio e violenza che culmina appunto nella carriera del padre. Sarebbe potuto andare diversamente? A quali condizioni?
Anche da queste domande si lascia inseguire Martin Pollack, senza perdere mai di vista il punto di vista di chi da quella macchina è stato stritolato.
Per la prima volta vedevo davanti a me delle vittime di mio padre e degli uomini ai suoi ordini, per a prima volta, belli o straziati, ebbero dei volti.
Il resto è pietà, il resto è dovere della memoria: ovvero questo libro crudele e appassionante.
Già in altri libri, su tutti Paesaggi contaminati, Martin Pollack non si è certo sottratto alla verità e al suo orrore. Qui però gioca davvero a carte scoperte, lasciandosi alle spalle ogni imbarazzo, più forte di ogni ricatto degli affetti e delle emozioni.
E forse ha esitato a lungo, prima di accingersi alla più difficile delle sue indagini, provare a fare verità anche tra le pareti di casa. Però dopo aver deciso è andato in fondo: il Morto nel bunker (Keller editore) è uno dei libri più intensi e veri su ciò che ha significato essere nazisti e far parte della macchina di sterminio di Hitler.
6 aprile 1947: in un bunker dalle parti del Brennero viene ritrovato il corpo di un uomo assassinato. E' il padre di Martin Pollack e lui non ha dubbi fin dall'inizio. La sua morte violenta - spiega - era la conclusione di una vita in cui la violenza aveva giocato un ruolo di primo piano.
Indagine su mio padre, così recita il sottotitolo di un libro che non fa sconti. Quel padre Martin Pollack non l'ha mai conosciuto, eppure la sua ombra - l'ombra di ciò che ha fatto negli anni più terribili - fin dall'inizio si è stesa su di lui. Il padre, ufficiale della Gestapo, membro delle forze speciali responsabili delle esecuzioni di massa dietro la linea del fronte, criminale di guerra.
Indagare sul padre, però, significa anche indagare su una famiglia dove il nazismo è riuscito a piantare radici salde. La cronaca familiare si mescola all'affresco storico, alle vicende di comunità di lingua tedesca fuori dalla Germania che dopo la dissoluzione dell'impero asburgico sono entrate in rotta di collisione con il mondo slavo, consegnandosi ai sentimenti nazionalistici più esasperati.
Una spirale di odio e violenza che culmina appunto nella carriera del padre. Sarebbe potuto andare diversamente? A quali condizioni?
Anche da queste domande si lascia inseguire Martin Pollack, senza perdere mai di vista il punto di vista di chi da quella macchina è stato stritolato.
Per la prima volta vedevo davanti a me delle vittime di mio padre e degli uomini ai suoi ordini, per a prima volta, belli o straziati, ebbero dei volti.
Il resto è pietà, il resto è dovere della memoria: ovvero questo libro crudele e appassionante.
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