Prendete un autore come Gregor Von Rezzori, nato nella Bucovina quando faceva ancora parte dell'impero austro-ungarico, uno che sembra incardinato in un'epoca al tramonto, dove i confini e i regni si disfano, le certezze si sbriciolano, il tempo pare declinato solo al passato. Prendetelo e speditelo nell'America del sogno - il sogno americano, ovvio - non nel primo ma nel secondo dopoguerra, quando l'impero austro-ungarico è un ricordo sbiadito e il presente è l'impero stelle e strisce.
Non più passeggiate in carrozza per Vienna, concerti di musica classica nei gazebo, balli in società, ora si fa avanti il mondo rappresentato nei libri di Dos Passos e Steinbeck o nei quadri di Hopper: diners, motel, distributori di benzina, coca cola e hamburger.
Ecco, questa è l'esperienza di Gregor Von Rezzori, che a un certo punto della vita si trova a collaborare alla traduzione di Lolita di Vladimir Nabokov: un uomo, quest'ultimo, che ha lasciato San Pietroburgo e la sua lingua per l'America.
Da quando ero diventato consapevole dell'esistenza dell'America - scriverà Von Rezzori, col suo cognome che di per sè rimanda a un'altra geografia - ero stato invaso dal desiderio di andarci e vagare per i suoi spazi sconfinati, che nella mia immaginazione erano popolati da bufali e grattacieli, pellerossa su mustang, gangster con le loro pupe, sassofonisti neri che suonavano musica nera, e Buster Keaton.
Mai avrebbe immaginato di fare questo viaggio sulle tracce di Humbert Humbert, l'annoiato professore scandalosamente sedotto. Mai di arrivarci in un tempo in cui - come dirà - ciò che rimanevca dell'Europa non era più europeo. Per lo più si era trasformato in un'America di seconda mano.
Ciò ne seguirà - tra scoperte, rivelazioni e delusioni - è raccontato in questo delizioso libretto, Uno straniero nella terra di Lolita (Guanda editore, con prefazione di Zadie Smith).
Disneyland, Las Vegas, qualche indizio di beat generation - l'anno in cui il professore e Lolita si aggirano per l'America è lo stesso dei vagabondaggi dei protagonisti di On the road - un'irresistibile seduzione per un paese che è un continente e si sta avviando a diventare mondo. Malgrado tutto, verrebbe da aggiungere.
La mia Lolita, in realtà, era l'America. Incredibile, lo scrittore austro-ungarico: l'America come una farfalla dei sogni che finalmente riesce a catturare. Allo stesso modo di Nabokov, grande entomologo, con le farfalle vere.
Non più passeggiate in carrozza per Vienna, concerti di musica classica nei gazebo, balli in società, ora si fa avanti il mondo rappresentato nei libri di Dos Passos e Steinbeck o nei quadri di Hopper: diners, motel, distributori di benzina, coca cola e hamburger.
Ecco, questa è l'esperienza di Gregor Von Rezzori, che a un certo punto della vita si trova a collaborare alla traduzione di Lolita di Vladimir Nabokov: un uomo, quest'ultimo, che ha lasciato San Pietroburgo e la sua lingua per l'America.
Da quando ero diventato consapevole dell'esistenza dell'America - scriverà Von Rezzori, col suo cognome che di per sè rimanda a un'altra geografia - ero stato invaso dal desiderio di andarci e vagare per i suoi spazi sconfinati, che nella mia immaginazione erano popolati da bufali e grattacieli, pellerossa su mustang, gangster con le loro pupe, sassofonisti neri che suonavano musica nera, e Buster Keaton.
Mai avrebbe immaginato di fare questo viaggio sulle tracce di Humbert Humbert, l'annoiato professore scandalosamente sedotto. Mai di arrivarci in un tempo in cui - come dirà - ciò che rimanevca dell'Europa non era più europeo. Per lo più si era trasformato in un'America di seconda mano.
Ciò ne seguirà - tra scoperte, rivelazioni e delusioni - è raccontato in questo delizioso libretto, Uno straniero nella terra di Lolita (Guanda editore, con prefazione di Zadie Smith).
Disneyland, Las Vegas, qualche indizio di beat generation - l'anno in cui il professore e Lolita si aggirano per l'America è lo stesso dei vagabondaggi dei protagonisti di On the road - un'irresistibile seduzione per un paese che è un continente e si sta avviando a diventare mondo. Malgrado tutto, verrebbe da aggiungere.
La mia Lolita, in realtà, era l'America. Incredibile, lo scrittore austro-ungarico: l'America come una farfalla dei sogni che finalmente riesce a catturare. Allo stesso modo di Nabokov, grande entomologo, con le farfalle vere.
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