Sul promontorio piangeva, seduto, là dove sempre
con lacrime, gemiti e pene straziandosi il cuore,
al mare mai stanco guardava, lasciando scorrere lacrime.
Ecco, è così che entra in scena. Non mentre abbandona Troia vinta e saccheggiata, non mentre sfida il canto delle Sirene oppure trova il modo di sfuggire a Polifemo. Dopo aver narrato le vicende di Itaca e altri luoghi, Omero gli si avvicina e lo coglie così: un uomo che guarda il mare e piange, sospirando il ritorno per cui è disposto a rinunciare all'immortalità.
E' con questa immagine che si apre Le lacrime degli eroi di Matteo Nucci (Einaudi), libro affascinante, per certi versi spiazzante, a cui sono tornato più volte. Mi sembra una lettura particolarmente adatta in tempi come questi, in cui l'inquietudine morde ma spesso non ci lascia sfogo.
Comincia con Ulisse, questo libro, ma abbraccia tutto l'antico mondo degli eroi. Di loro conosciamo le imprese, li abbiamo seguiti nei loro combattimenti e nelle loro vendette, non riusciamo a immaginarceli senza le loro armi: sono tali per il coraggio, la fermezza, lo sprezzo del pericolo. Eppure - e di questo riusciamo a essere meno consapevoli - piangono, piangono molto.
Sono inzuppati di lacrime, i versi che gli sono stati dedicati. Lacrime di dolore e rabbia, di amore e nostalgia, ma in ogni caso lacrime.
Persino di Achille, dell'eroe dalla cui ira funesta discende un intero poema, ricordiamo più volentieri le lacrime sul corpo di Patroclo, oppure le lacrime al cospetto di Priamo, il re nemico che ormai è solo un anziano che piange i figli persi.
Lacrime e a volte - incredibile - persino il desiderio del pianto: desiderio nobile, debolezza che non sminuisce ma rende ancora più grandi. Desiderio che Matteo Nucci trasforma in un viaggio attraverso le storie e i sentimenti. Parlando al nostro tempo, alla nostra mortalità, a ciò che siamo e possiamo essere.
con lacrime, gemiti e pene straziandosi il cuore,
al mare mai stanco guardava, lasciando scorrere lacrime.
Ecco, è così che entra in scena. Non mentre abbandona Troia vinta e saccheggiata, non mentre sfida il canto delle Sirene oppure trova il modo di sfuggire a Polifemo. Dopo aver narrato le vicende di Itaca e altri luoghi, Omero gli si avvicina e lo coglie così: un uomo che guarda il mare e piange, sospirando il ritorno per cui è disposto a rinunciare all'immortalità.
E' con questa immagine che si apre Le lacrime degli eroi di Matteo Nucci (Einaudi), libro affascinante, per certi versi spiazzante, a cui sono tornato più volte. Mi sembra una lettura particolarmente adatta in tempi come questi, in cui l'inquietudine morde ma spesso non ci lascia sfogo.
Comincia con Ulisse, questo libro, ma abbraccia tutto l'antico mondo degli eroi. Di loro conosciamo le imprese, li abbiamo seguiti nei loro combattimenti e nelle loro vendette, non riusciamo a immaginarceli senza le loro armi: sono tali per il coraggio, la fermezza, lo sprezzo del pericolo. Eppure - e di questo riusciamo a essere meno consapevoli - piangono, piangono molto.
Sono inzuppati di lacrime, i versi che gli sono stati dedicati. Lacrime di dolore e rabbia, di amore e nostalgia, ma in ogni caso lacrime.
Persino di Achille, dell'eroe dalla cui ira funesta discende un intero poema, ricordiamo più volentieri le lacrime sul corpo di Patroclo, oppure le lacrime al cospetto di Priamo, il re nemico che ormai è solo un anziano che piange i figli persi.
Lacrime e a volte - incredibile - persino il desiderio del pianto: desiderio nobile, debolezza che non sminuisce ma rende ancora più grandi. Desiderio che Matteo Nucci trasforma in un viaggio attraverso le storie e i sentimenti. Parlando al nostro tempo, alla nostra mortalità, a ciò che siamo e possiamo essere.
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