Tutta l'infelicità degli uomini deriva da una sola causa: dal non saper restarsene tranquilli in una camera.
Blaise Pascal la vedeva così, e se si condividesse il suo terribile giudizio certo riusciremmo a controllare ogni tentazione di viaggio. Da parte mia sono convinto che la disgrazia non sia viaggiare, ma piuttosto proprio non saper restarsene tranquilli dove siamo. E ancora di più non saper viaggiare restandosene dove siamo.
Ragionamenti, ovvio, che acquistano un particolare significato in questi mesi in cui l'emergenza coronavirus pare aver annientato non ogni tentazione, ma ogni possibilità di viaggio. Pare, dico, perché appunto viaggiare non è mai solo una questione di chilometri o di distanze calcolate su un navigatore.
Così, in questi tempi di forzata immobilità, è bello e tempestivo che l'editore Tarka riproponga Viaggio intorno alla mia camera, a mio parere il più grande classico del viaggio da fermo.
A scriverlo, negli anni della Rivoluzione Francese, Xavier de Maistre, fratello del ben più noto Joseph, uno dei più geniali e radicali reazionari dell'epoca. Lui però era fatto di un'altra pasta e certo non è entrato nella storia del pensiero politico. Era un giovane ufficiale, coraggioso e un po' guascone, che non si tirava dietro di fronte a imprese azzardate, come quando decise di sperimentare di persona l'invenzione dei fratelli Montgolfier. Il carattere ogni tanto lo metteva nei guai, un giorno un duello gli costò una condanna a 42 giorni di arresti domiciliari.
Fu in quella circostanza che fece alcune scoperte sensazionali: per esempio, che la stanza in cui era rinchiuso poteva essere larga come il mondo intero; che i pochi passi che gli erano concessi da una parete all'altra, unica variante la diagonale da un angolo all'altro, non erano poi troppo diversi da un vagabondaggio verso orizzonti distanti; e che in fondo bastava alimentare il fuoco del desiderio e della fantasia, per ricavare la luce delle parole.
Erano gli stessi anni del Grand Tour, quasi un passaggio obbligato per i rampolli di famiglia nobile e benestante. Gli anni, anche, dei grandi viaggi di esplorazione alla James Cook. Quel giovane ufficiale agli arresti era già altrove. George Forster condensava i suoi quattro anni navigazione per gli oceani nel suo Viaggio intorno al mondo e lui alla parola mondo sostituiva nel titolo la parola camera.
Con il suo viaggio nel chiuso di una camera Xavier raggiunse il Laurence Sterne di Viaggio sentimentale, anticipò lo Chateaubriand del Parlo incessantemente di me stesso, con cui si dice comincia la moderna letteratura di viaggio.
E arriva fino a noi, in questa primavera surreale dove possiamo contare solo sul tappeto volante dei libri.
Blaise Pascal la vedeva così, e se si condividesse il suo terribile giudizio certo riusciremmo a controllare ogni tentazione di viaggio. Da parte mia sono convinto che la disgrazia non sia viaggiare, ma piuttosto proprio non saper restarsene tranquilli dove siamo. E ancora di più non saper viaggiare restandosene dove siamo.
Ragionamenti, ovvio, che acquistano un particolare significato in questi mesi in cui l'emergenza coronavirus pare aver annientato non ogni tentazione, ma ogni possibilità di viaggio. Pare, dico, perché appunto viaggiare non è mai solo una questione di chilometri o di distanze calcolate su un navigatore.
Così, in questi tempi di forzata immobilità, è bello e tempestivo che l'editore Tarka riproponga Viaggio intorno alla mia camera, a mio parere il più grande classico del viaggio da fermo.
A scriverlo, negli anni della Rivoluzione Francese, Xavier de Maistre, fratello del ben più noto Joseph, uno dei più geniali e radicali reazionari dell'epoca. Lui però era fatto di un'altra pasta e certo non è entrato nella storia del pensiero politico. Era un giovane ufficiale, coraggioso e un po' guascone, che non si tirava dietro di fronte a imprese azzardate, come quando decise di sperimentare di persona l'invenzione dei fratelli Montgolfier. Il carattere ogni tanto lo metteva nei guai, un giorno un duello gli costò una condanna a 42 giorni di arresti domiciliari.
Fu in quella circostanza che fece alcune scoperte sensazionali: per esempio, che la stanza in cui era rinchiuso poteva essere larga come il mondo intero; che i pochi passi che gli erano concessi da una parete all'altra, unica variante la diagonale da un angolo all'altro, non erano poi troppo diversi da un vagabondaggio verso orizzonti distanti; e che in fondo bastava alimentare il fuoco del desiderio e della fantasia, per ricavare la luce delle parole.
Erano gli stessi anni del Grand Tour, quasi un passaggio obbligato per i rampolli di famiglia nobile e benestante. Gli anni, anche, dei grandi viaggi di esplorazione alla James Cook. Quel giovane ufficiale agli arresti era già altrove. George Forster condensava i suoi quattro anni navigazione per gli oceani nel suo Viaggio intorno al mondo e lui alla parola mondo sostituiva nel titolo la parola camera.
Con il suo viaggio nel chiuso di una camera Xavier raggiunse il Laurence Sterne di Viaggio sentimentale, anticipò lo Chateaubriand del Parlo incessantemente di me stesso, con cui si dice comincia la moderna letteratura di viaggio.
E arriva fino a noi, in questa primavera surreale dove possiamo contare solo sul tappeto volante dei libri.
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