Dicembre 1933, Patrick Leigh Fermor è un ragazzo di 18 anni, che ha i suoi problemi con gli studi e con le scelte per il futuro, ma intanto una scelta sa farla, perché prende e parte. Lascia l'Inghilterra e si incammina attraverso l'Europa, direzione Istanbul. Come un vagabondo, un pellegrino, un chierico vagante. Un giorno racconterà tutto in tre libri, uno più bello dell'altro, consegnando al mito quello stesso viaggio.
Ottanta anni più tardi Nick Hunt insegue le sue tracce. Anche lui è uno scrittore, anzi, è uno scrittore che ha già avuto modo di mettersi in mostra: splendido il suo Dove soffiano i venti selvaggi, viaggio all'inseguemto dei venti europei più inquieti e imperiosi, come la bora e il mistral.
Anche questo viaggio, a modo suo, segue un vento, perché è come il vento il passaggio di un uomo: impalbabile, inafferrabile. Per coglierne qualcosa forse c'è solo da aggiungere passo a passo e confidare nelle gambe.
Ecco, il viaggio pare lo stesso, per quanto riguarda almeno la geografia fisica. Duecentoventuno giorni, quattromila chilometri, due grandi fiumi come il Reno e il Danubio, tre catene montuose per raggiungere quella che una volta era Costantinopoli.
Ma può essere lo stesso viaggio se l'Europa è cambiata. E in che modo è cambiata, in che misura? Già Fermor aveva camminato su un mondo sull'orlo del precipizio, con Hitler da poco al potere. Troppo è successo negli anni dopo, non solo la guerra, i popoli e i confini spazzati via, lo sdradicamento di culture millenarie.
E ora? Camminando tra i boschi e l'acqua (Neri Pozza) dimostra che si può camminare nel tempo e che nello spazio che attraversiamo possono convivere diversi tempi. Più si muove verso est, e verso sud, più Nick Hunt ritrova nel presente le tracce del mondo che Fermor ha raccontato.
Quanto a Fermor, sì, è vento: ma in tutta Europa, dall'inizio alla fine del suo viaggio, l'uomo che ne insegue le orme trova gente disposta a ospitarlo. Sconosciuti pescati in Rete, uniti solo dall'idea di quel viaggio mito di un remoto 1933. Anche il vento, in fondo, ogni tanto si ferma e si lascia accogliere.
Ottanta anni più tardi Nick Hunt insegue le sue tracce. Anche lui è uno scrittore, anzi, è uno scrittore che ha già avuto modo di mettersi in mostra: splendido il suo Dove soffiano i venti selvaggi, viaggio all'inseguemto dei venti europei più inquieti e imperiosi, come la bora e il mistral.
Anche questo viaggio, a modo suo, segue un vento, perché è come il vento il passaggio di un uomo: impalbabile, inafferrabile. Per coglierne qualcosa forse c'è solo da aggiungere passo a passo e confidare nelle gambe.
Ecco, il viaggio pare lo stesso, per quanto riguarda almeno la geografia fisica. Duecentoventuno giorni, quattromila chilometri, due grandi fiumi come il Reno e il Danubio, tre catene montuose per raggiungere quella che una volta era Costantinopoli.
Ma può essere lo stesso viaggio se l'Europa è cambiata. E in che modo è cambiata, in che misura? Già Fermor aveva camminato su un mondo sull'orlo del precipizio, con Hitler da poco al potere. Troppo è successo negli anni dopo, non solo la guerra, i popoli e i confini spazzati via, lo sdradicamento di culture millenarie.
E ora? Camminando tra i boschi e l'acqua (Neri Pozza) dimostra che si può camminare nel tempo e che nello spazio che attraversiamo possono convivere diversi tempi. Più si muove verso est, e verso sud, più Nick Hunt ritrova nel presente le tracce del mondo che Fermor ha raccontato.
Quanto a Fermor, sì, è vento: ma in tutta Europa, dall'inizio alla fine del suo viaggio, l'uomo che ne insegue le orme trova gente disposta a ospitarlo. Sconosciuti pescati in Rete, uniti solo dall'idea di quel viaggio mito di un remoto 1933. Anche il vento, in fondo, ogni tanto si ferma e si lascia accogliere.
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