Fa sempre bene la memoria, è dono di cui tenere di conto: mai superflua, sempre capace di dare senso e profondità, anche per il nostro presente. La memoria è narrazione, non semplice catalogo di eventi. La memoria è il ricordo che ci appartiene e che ci chiama in causa. A volte sa anche farsi romanzo, bel romanzo.
Di Marisa Salabelle conoscevo L'ultimo dei Santi, un giallo ambientato sulla montagna pistoiese e non a caso uscito per la collana Appenninica di Tarka: anche lì c'era cura della memoria, nonché affetto e partecipazione per un mondo cambiato troppo in fretta. Ma in questo libro, Gli ingranaggi dei ricordi (Arkadia) la memoria si esplicita fin dal titolo, è intenzione manifesta, dà forma alla trama. Che non è lineare, come non lo sono mai i ricordi. Marisa impasta i tempi, muove le sue pagine tra il passato e il presente, distribuisce la storia di due famiglie tra i capitoli pari e dispari, va avanti, torna indietro, va ancora avanti. E' come il montaggio di un film. O come gli ingranaggi della memoria, appunto, mai banali, mai scontati.
Così c'è la Sardegna nella seconda guerra mondiale, contesto generalmente poco o niente conosciuto sul continente: bombardamenti e fame, anche dopo che, con l'8 settembre i tedeschi lasciarono l'isola. C'è la storia di un sardo della Resistenza - realmente esistito, meriterebbe un libro a parte - che si intreccia con Via Rasella e le Fosse Ardeatine. E ci sono i personaggi che si muovono nella Cagliari di oggi, tra amnesie e rivelazioni, ferite ancora aperte e pulsioni al ricordo o all'oblio.
Romanzo dalla struttura complessa ma che funziona come gli ingranaggi di un orologio. Romanzo che dopo aver letto ti dispiace mettere via: dentro ci sono ancora tante storie che meritano di essere seguite e raccontate.
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