Viva le case editrici piccole per i numeri, ma grandi per idee e coraggio. Più facile che siano loro a proporre libri che escono dal solco delle solite novità e consentono piaceri inconsueti.
A questo pensavo ieri sera, la testa sul cuscino e gli occhi ad accarezzare la copertina de Le violette di Matilde Serao, grato all'editore Spartaco per aver riproposto un testo di cui non sospettavo l'esistenza.
Non che abbia letto molto, in effetti, della grande Matilde. Conoscenza superficiale la mia, con qualche supponenza che la vuole relegata al suo mestiere di giornalista - grande giornalista - e a romanzi che non mi hanno ancora tentato.
Non sapevo che sua fosse un'opera quale L'anima dei fiori, riproposta ora da Spartaco in piccoli libretti che sono una gioia per gli occhi, ben curati da Donatella Trotta.
Eccomi così cominciare con Le violette: un caso, lo giuro, che niente ha a che vedere con le personali smanie di tifoso. Del resto questo fiore rimanda a qualità che non sono quelle che verrebbe da augurare alla squadra del cuore: modestia, fragilità, delicatezza.
E proprio questo è il bello della violetta: niente a che vedere con i gigli, le orchidee, le rose. La sua è bellezza discreta, la stessa di chi schiva riflettori e applausi. Timida, appartata, malinconica. E certo inguaribilmente romantica. Umile, anche, e per questo cara agli dei, ai santi, ai mistici.
La grande Matilde ne coglie l'anima e in questo modo regala a tutti noi un brivido poetico che forse è anche una visione della vita. Poche pagine dove sentiamo risuonare le parole di Giovanni Pascoli:
C'è qualcosa di nuovo oggi nel sole
anzi d'antico: io vivo altrove, e sento
che sono intorno nate le viole
Così umili, le viole, pertanto così fedeli, così autentiche. Regalano la poesia delle cose passate e del ricordo, eppure, proprio per questo, sono allo stesso modo spiraglio di futuro.
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