Hai mai visto una betulla ritrarre i rami per non sconfinare in territorio straniero?
No, non si è vista: e lo stesso vale per i boschi, per cui possono contare l'esposizione al sole, la qualità del suolo, la prossimità o meno di una sorgente, certo non le bandiere. Maestri di vita sono gli alberi, anche per quanto riguarda le ambizioni e le pretese della storia, che poi sono le ambizioni e le pretese degli uomini di fronte ai confini: che di per sè sono linee invisibili, arbitrarie, discutibili.
E' un libro che fa bene, Il bosco del confine di Federica Manzon, uscito per collana Il bosco degli scrittori di Aboca. Un libro che tiene viva la consapevolezza di ciò che conta nella vita, ma sa farsi anche narrazione viva; essenziale, eppure con tante cose dentro, dal fruscio del vento agli sconquassi della guerra, dal silenzio degli alberi alle parole che un padre può consegnare a sua figlia, in lunghe passeggiate per i sentieri.
Il confine è quello che oggi non fa più paura, quasi non è più un confine, ma un tempo era muro, separazione netta, filo spinato. Di là c'era l'ex Jugoslavia, un altro mondo, il mondo di là misterioso e allo stesso tempo familiare.
I boschi sono tutti uguali, vero Schatzi?
Nel bosco di là però ci sono più funghi.
E mio padre sorrideva guidando verso il mare.
Natura impermeabile e ferite della Storia che stentano a cicatrizzarsi. E quel mondo ancora più in là di una città come Sarajevo: il regalo inatteso di un padre in occasione delle Olimpiadi, ma a distanza di pochi anni il tremendo mattatoio.
Storie di confini, nella noncuranza della natura. Meno male che lungo i sentieri, nei boschi che ancora ci accolgono, possiamo imparare un'altra lezione.
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