Mi ero messo in testa di scoprire qualcosa di più sul viaggio in Italia di quell'anarchico georgiano....
Vai a sapere com'è che viene in mente di indagare su un personaggio, su una storia, per poi provare a farne un libro. C'è chi dice che non sei tu a scegliere, che è il personaggio, la storia, che ti sceglie.
Ci credo e non ci credo: però confido nella miscela di caso e curiosità. Anch'io l'ho sperimentato una volta: un nome che faceva capolino da una nota a piè di pagina e io che ho provato a tradurlo in molte - forse troppe - pagine.
Di certo anche questo è il fascino de L'acqua alta e i denti del lupo di Emanuele Termini, altro piccolo grande libro di una casa editrice - Exòrma - e di una collana - Scritti Traversi - su cui si va sul sicuro. Non racconta solo una storia singolare, nascosta nelle pieghe della grande Storia, racconta anche di come l'autore c'entra dentro e prova a farla sua.
Capita poi che questa storia sia un intreccio di altre storie, una matassa che si dipana, un filo che collega ciò che non avremmo mai considerato insieme: e magari è proprio questo che ci emoziona di più.
E il come non lo dico, però enumero alcuni degli ingredienti che qui ci sono: le atmosfere della laguna più famosa del mondo, una libreria di gatti e acqua che sfiora gli scaffali, l'isola di San Lazzaro, custode della cultura armena dopo il genocidio; monaci di antichi riti, ribelli pronti a tutto contro lo zar di Russia, anarchici dell'Adriatico; Venezia, ma anche i posti più remoti del Caucaso, da cui all'alba della nostra civiltà pare sia arrivata anche la parola vino - e sul vino di Georgia ci sarebbe parecchio da dire; la stessa Georgia da cui un giorno arrivò il personaggio indicato nel sottotitolo: uomo che in fondo è un mistero, nonostante tutte le evidenze che da lui sono discese, un mistero di cui avremmo fatto a meno.
Uomo che, soprattutto nei suoi anni più giovani, è stato molte vite e molte possibilità, non a caso affidate a pseudonimi di volta in volta diversi. Il suo vero nome spicca in copertina. Il nome con cui è stato consegnato alla memoria non ve lo dico.
Il gioco è a carte scoperte, ma va bene così, magari potrete beneficiare della mia stessa distrazione o della mia stessa ignoranza. Per arrivare al colpo di scena conclusivo. Come in un giallo. O come in una delle storie di Corto Maltese, non a caso evocato da Emanuele Termini.
Perché questa, sicuro, è una storia che sarebbe piaciuta a Hugo Pratt. E chissà che in effetti non se la sia trovata tra le mani.
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