Storie come quelle che un tempo si potevano ascoltare in osteria, un bicchere di vino sul tavolo e il gelo delle ossa da scacciare alla svelta, anche con le parole.
Storie di uomini e donne, emerse da un tempo sospeso, da un mondo dove la realtà è più vera perchè mescolata alla fantasia, da una terra che ci piace pensare come un mondo a parte: la Bassa, fazzoletto di campi e cittadine tra Modena, Reggio, Bologna e Ferrara, per me altrove immaginario, inesauribile suggestione di film e racconti.
Storie che hanno bisogno di persone particolari per essere raccontate: lingua sciolta, immaginazione fervida, cuore generoso.
Sono molto diversi l'uno dall'altro i racconti che fanno parte de L'osteria della Fola di Giuseppe Pederiali (Garzanti), ma in ognuno di essi si coglie il piacere del cantore inesauribile, dell'affabulatore che dà voce a quella stirpe di uomini che, come dice lo stesso Pederiali, sa tenere i piedi bene dentro la propria terra e la testa tra le nuvole, magari fino a sfiorare la luna.
C'è qualcosa di Amarcord, qualcosa anche dei film di Pupi Avati, in queste pagine. Dolcezza, ironia, affetto, la capacità di sorridere e la malinconia. Come la Bassa che mi immagino: il fiume maestoso e la nebbia che non si schioda mai, un pizzico di magia e le geometrie imprecise del desiderio e della possibilità.
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