E' uno dei rari libri che mi è venuto di leggere due volte. La prima, qualche anno fa, per scoprire la meravigliosa storia di Hay-on-Wye, il paesino del Galles che ha saputo inventarsi un futuro diventando la capitale del libro, la Mecca di tutti i bibliofili. La seconda ora che a Hay-on-Wye ci sono stato - perché può succedere che città visitate con il tappeto volante delle parole a volte accolgano davvero i nostri passi.
Al paese dei libri di Paul Collins (Adelphi) è un libro che sa mettere insieme humour e intelligenza, riflessioni non banali e passioni più o meno eccentriche. Ci porta ad Hay - con le sue decine di librerie, una ogni 40 abitanti - e racconta di come abbia accarezzato l'idea di trasferirsi lì, lui che abita in California. Ci presenta Richard Booth, l'uomo che tutto questo ha reso possibile, con un'idea bislacca alcuni decenni fa: comprare i libri destinati al macero in America, farli arrivare da questa parte dell'Atlantico, provare a rivenderli. E poi ci porta in giro, per i pub e per le librerie di questo posto incredibile e della sua storia.
Bello rileggerselo dopo aver respirato l'aria di Hay. Solo che ora, in questo libro sulla città dei libri, ho trovato soprattutto di che meditare sugli imprevedibili destini dei libri.
Hay e i suoi milioni di volumi stipati ovunque, persino nei fienili e nelle fabbriche dismesse. Alcuni necessari, quasi tutti da tempo condannati all'oblio. Tutti se ne stanno sugli scaffali, in attesa.
Impossibile trovare quello che cerchi. E' il caso che guida il visitatore appassionato di libri. E' il libro che in qualche modo ti guarda e ti sceglie. Qualche volta te ne accorgi e decidi per lui.
Un giorno - dice Paul Collins rivolgendosi agli altri autori i cui libri già popolano Hay - questo libro si unirà ai vostri, su quegli scaffali polverosi, con la rilegatura sgangherata e macchiata come le vostre, e guarderemo tutti insieme il tempo che passa.
Non è il più crudele dei destini. Io di libri così me ne sono riportati diversi a casa. Il massimo che potevo fare in vista del rientro in aereo. Di infiniti altri, è evidente, non mi sono accorto. Però è bello sapere che sono ancora lì. E che nel frattempo forse hanno già trovato la loro strada verso casa.
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