Che poi si tratta di un'idea semplice se ci pensi: fare di un piccolo cammino un viaggio vero e proprio.
Un'idea semplice, però poi hai bisogno di quella mattina in cui ti chiudi la porta di casa alle spalle e chiedi alle gambe di fare il loro lavoro, alla testa pure, perché non dia più niente per scontato. Anche se i luoghi sono gli stessi di sempre, gli stessi di villeggiature, gite fuori porta, cene tra amici. Così conosciuti, ancora così da conoscere: perché il cammino è questo che fa, ci assicura il mistero dei luoghi già frequentati, ci spiazza col dono della sorpresa: poco importa se ti sei fermato a Roncobilaccio.
Ecco, è un'idea semplice, ma Alessandro Vanoli sa restituircela col fascino dell'esplorazione di un luogo remoto, con l'affabulazione che solitamente è l'incanto di chi ritorna da altri continenti, da geografie incerte e mete imporbabili (lui però è uno che questo incanto saprebbe suscitarlo anche per due passi sul pianerottolo del condominio).
Pietre d'Appennino (Ponte alle Grazie) narra un suo itinerario per le montagne che sono anche le mie montagne, solo che apparteniamo a versanti diversi, lui emiliano, io toscano (ma queste montagne, si sa, uniscono tanto quanto separano): e incredibile quanto ci porti lontano questo viaggio sotto casa.
Pietre d'appenino: e le pietre, si sa, raccontano storie se presti loro voce, se coltivi la curiosità, se sai che il senso del viaggio, come ci dice Alessandro, è ricordare, ritrovare tracce e segni.
Cammini e nel cammino ritrovi i cammini di millenni: pellegrini, mercanti, soldati, banditi. Cammini e recuperi ciò ciò che è stato, ciò che forsa sarà: perché non ci si pensa spesso, ma si fa Storia anche camminando.
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