E' un movimento magnifico che bisogna aver sentito per rendersene conto. Di una rapidità inaudita... Le città, i campanili e gli alberi danzano e si mischiano follemente all'orizzonte...
Così Victor Hugo scriveva in una lettera alla moglie, raccontando la folle e sconvolgente esperienza di un viaggio in treno da Bruxelles ad Anversa, sulla prima strada ferrata dell'Europa continentale. Era l'Alta Velocità di allora, cinquanta chilometri all'ora che erano sfida, sogno, azzardo per un mondo che fino a quel momento si era mosso con le carrozze a cavallo.
Insieme a quell'altra fenomenale invenzione - l'illuminazione elettrica che nelle case e nelle strade ha cambiato persino il rapporto tra il giorno e la notte - nient'altro come il treno ha dato senso e forza alla nostra idea di progresso. Anzi, è stato il progresso, finché progresso c'è stato: fiducia, ottimismo, rapidità, tecnologia ma anche emozione.
Quante cose sono cambiate da quando Victor Hugo ha scritto quelle righe. Abbiamo davvero l'Alta Velocità capace di portarci in poche ore da Roma a Milano, ma intanto i treni hanno patito la concorrenza di auto e voli low cost, hanno battuto in ritirata, hanno lasciato dietro di sé stazioncine abbandonate e linee secondarie abbandonate come rami secchi.
Erano la quintessenza del progresso, i treni, oggi sembrano argomento per pochi strampalati appassionati, roba da rievocazione storica. Meno male, allora, che ci si può imbattere in un libro come Il fascino del treno di Romano Vecchiet, bibliotecario di Udine esperto di locomotive.
Il fascino del treno, piuttosto che la sua storia. Divagazioni su binari e stazioni piuttosto che un saggio su un mezzo di trasporto. Perché i treni, che comunque sono sempre stati grandi testimoni della nostra storia, sono anche i libri che hanno ispirato e i libri che è bello leggersi in viaggio.
Sono gli scompartimenti dove ci si sedeva e ci si guardava uno di fronte all'altro e ogni tanto si attaccava anche discorso. Sono la possibilità di incontro, a volte persino la possibilità di cambiare la vita.
Sono le notte in cuccetta, risvegli all'alba in un'altra città, in un paese di lingua diversa. Sono i pasti consumati in carrozza ristorante e le attese di una coincidenza su una panchina. Sono l'Interrail di quando ero ragazzo e con poche lire collezionavo tratte e abbracciavo l'Europa.
Divagazioni, appunto, che ben figurano nella collana Piccola filosofia di viaggio di Ediciclo. Con tanta nostalgia e qualche spicchio di speranza, perché mica è detto che tutto debba sempre finire e basta. A volte le emozioni si accompagnano al buon senso. All'idea di un paese che anche così potrebbe essere migliore.
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