E poi mi ha chiesto se conoscevi il rumore del tempo. No, ho detto io, non lo conosco. Bene, fa lui, basta mettersi a sedere sul letto, durante la notte, quando uno non riesce a dormire, e restare a occhi aperti nel buio, e dopo un po' si sente, è come un muggito in lontananza, come l'alito di un animale che divora la gente....
Che fortuna doversi scegliere un libro per un viaggio - un libro abbastanza voluminoso, magari, in grado di accompagnarti per l'intero viaggio - e per una volta scegliere bene. Uno di quei libri su cui è bello anche indugiare su una singola pagina, lasciandosi andare al suono di una frase, alla sensazione che può lavorare dentro di noi, tra un gesto e un passo.
E dunque: per cinque giorni in Spagna, a Valencia, mi hanno fatto compagnia i Racconti di Antonio Tabucchi (Feltrinelli). E lo so che sarebbe stato meglio a Lisbona. Ma non si può volere tutto. Sono contento così.
Davanti ai banchi delle tapas o beandomi al sole di un tiepido inverno alla Città delle arti e delle scienze mi è capitato di gustare a poco a poco uno di questi racconti. Alcuni di essi capolavori - come Il gioco del rovescio, Piccoli equivoci senza importanza, I treni che vanno a Madras - altri forse meno.
In ogni caso sempre accogliendo dentro di me uno scrittore che sento amico, senza averlo mai conosciuto se non nei suoi libri (una volta o due, di sfuggita, a qualche incontro). Come un amico che se n'è andato troppo presto, privando il mondo di molte altre storie degne della sua parola.
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