Ci sono città che si insediano nelle pagine di uno scrittore come se quelle stesse pagine fossero le sue coordinate geografiche; ci sono scrittori che hanno bisogno di una certa città come dell'aria che respirano - e poco importa se si tratta di aria avvelenata dai gas di scarico. E poi ci sono altri scrittori che sanno raccontare sia la città che l'autore, mescolando i luoghi e i tempi: ed è in questo modo che ci prendono per mano e ci tengono compagnia.
E' quanto riesce a fare Enrico Franceschini, con la qualità della sua penna e l'intensità dell'esperienza in prima persona. A Los Angeles con Bukowski, uscito per Passaggi di dogana di Giulio Perrone editore, è anche la sua storia: ovvero la storia di un ragazzo che a 20 anni attraversò l'oceano per incontrare il suo mito letterario: il caro vecchio Hank, che da parte sua non fece niente per smentire il mito.
Pensate, bussare alla sua porta e farsi aprire da lui, rigorosamente in mutande a una certa ora del giorno; e da lui essere accolti in casa, previo regolare pedaggio di qualche lattina di birra. Non è come essere finiti dentro uno dei suoi libri?
E' solo uno degli episodi raccontati in pagine che si leggono di slancio, tra moti di invidia, sussulti di nostalgia, slanci di empatia.
E' così che Enrico sottrae Bukowski ai luoghi comuni, che comunque non mi dispiacciono. "Non è un ubriacone che scrive - dice di lui - ma uno scrittore che si ubriaca". Uno scrittore a tutto tondo, oltre il personaggio da lui stesso creato. Uno scrittore che per riconoscersi e farsi riconoscere come tale è dovuto transitare per l'inferno e rimanerci a lungo.
Ma diversi sono i luoghi comuni che vengono meno anche su Los Angeles, questa non città, inconcepibile per i criteri europei: senza una vera piazza, ma con le autostrade che la solcano; senza particolari monumenti da segnalare, ma proprio per questo ideale meta di un viaggio che non impone obblighi al turista; con una scritta su una collina - Hollywood - che è la sua immagine iconica, una scritta, sia detto per inciso, nata per lanciare la campagna di un'agenzia immobiliare.
Una non città eppure anche la metropoli che più di tutti custodisce il nostro immaginario per restituircelo ogni volta: capitale del cinema e ambientazione di mille libri divorati, amati, trattenuti dal ricordo.
Quante cose dentro libro: il Sunset Boulevard e l'ippodromo dove Hank scialava dollari e pomeriggi; le leggendarie spiagge californiane e i reading di poesia in librerie improbabili; le sequenze di La La Land e il John Fante di Chiedi alla polvere, per unanime giudizio il più bel romanzo scritto su L.A.
E certo anche lui, Enrico Franceschini. Lui e con lui tanti altri ragazzi - tra loro mi metto anch'io - che a un certo punto della loro vita capirono di essere cambiati: avevano smesso di inseguire la rivoluzione, ma avevano incontrato le parole di uno scrittore ubriacone che sapeva stare vicino ai diseredati più di tante penne sopraffine, gonfie di proclami dalla parte giusta.
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