Noi siamo viandanti, non camminatori.
Così si legge già nelle prime pagine di Non mancherò la strada. Che cosa può insegnarci il cammino di Luigi Nacci (Laterza): e sospetto che forse l'autore avebbe rinunciato alla parola cammino anche nel sottotitolo. Ma certo questo è un libro che ci insegna molto: ci insegna a essere viandanti - e tali siamo anche quando non camminiamo - ci insegna molto sulla vita. Almeno sulla vita quale dovremmo riprenderci, dando forza alla lentezza, all'attenzione, alla curiosità, al desiderio di incontro con noi stessi e con gli altri.
Ho letto molti dei libri di Luigi, ma questo mi sembra particolarmente importante, sarà che è un libro che riprende temi e suggestioni dei libri precedenti, come semi che si sono fatti pianta; o sarà piuttosto che queste pagine accolgono il lavoro di molti anni, una scrittura che a lungo si è interrogata.
Quante cose ci sono dentro: l'Est e l'Ovest, la Spagna e i Balcani, Santiago e la Francigena, il decalogo del viandante e il decalogo della partenza, il bicchiere d'acqua e la porta aperta e l'Italia della gentilezza, i passi dei Rolling Claps che nel perdersi ritrovano antiche strade, il ricordo di Marco, viandante che non c'è più.
Quante cose, in un libro per cui Luigi, nell'avvertenza iniziale, suggerisce diverse possibilità di lettura: Può essere aperto a caso, essere letto dall'inizio alla fine o viceversa, essere letto a pezzi, a lacerti, o non essere letto affatto, può essere lasciato chiuso, nell'ombra, in attesa che una mano incerta venga, prima o poi, ad aprirlo.
Per me, invece, è da leggere per intero. Facendo tesoro delle sue pagine. Indugiando poi nelle poesie che Luigi sparge tra un capitolo e l'altro. Come questa, distillato di saggezza.
Rendi il tuo passo incerto
Scansa la strada maestra
Attardati nei margini
Cerca semi nelle pietraie
Compi gesti fertili
Fiorisci in ogni stagione
Confida nella sconfitta
Mettiti i piedi in testa
Cresci senza invecchiare
Stai dalla parte dei fragili
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